Estorsione per il cimitero di Ferentino, cade l'aggravante mafiosa: le prime condanne

Estorsione per il cimitero di Ferentino, cade l'aggravante mafiosa: le prime condanne
Prime condanne nel processo per l'ampliamento del cimitero di Ferentino. E, con esse, il respingimento della condanna patteggiata cui puntava l'ex consigliere comunale Pio...

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Prime condanne nel processo per l'ampliamento del cimitero di Ferentino. E, con esse, il respingimento della condanna patteggiata cui puntava l'ex consigliere comunale Pio Riggi.


Riggi fu arrestato dopo la denuncia dell'imprenditore Lorenzo Scarsella (di Tivoli) che si era aggiudicato il project per l'ampliamento del cimitero, ma che aveva anche denunciato pressioni per il pagamento di una tangente da 300 mila euro. Con lui, in carcere, erano pertanto finiti suo cugino Luciano Rosa e tre personaggi legati alla malavita campana: Ugo Di Giovanni, Gennaro Rizzo, ed Emiliano Sollazzo. Questi ultimi tre appartenenti a clan di Napoli-Centro che, secondo l'accusa, avrebbero agito per indurre l'imprenditore Scarsella al pagamento della tangente. E agirono - secondo l'accusa - con tanto di minacce e sotto la minaccia di una pistola nei confronti di Scarsella per convincerlo a versare al più presto la tangente. Ma l'avvocato di Luciano Rosa, Pina Tenga, ha sempre respinto questa ricostruzione affermando che «la parte offesa non ha mai visto un'arma. Ha visto solo che un uomo metteva la mano sulla cintola...».

Non solo, ma l'avv. Tenga ha evidenziato come in un video girato con un iPhone (sequestrato) del suo assistito viene evidenziata un'altra ricostruzione dei fatti. In esso, infatti, la figura degli «aggressori» (ossia i napoletani) viene notevolmente ridimensionata. Anzi, la stessa parte offesa viene ripresa in atteggiamento confidenziale con i suoi aggressori. Dunque un comportamento che è ben lontano dall'accusa, ossia quella di estorsione col metodo mafioso.

Una ricostruzione che ieri ha convinto il giudice, visto che è caduta l'aggravante del metodo mafioso ed ha quindi ricondotto l'episodio in un più mite atto estorsivo. Per questo Rosa, Rizzo e Sollazzo sono stati condannati a 5 anni e 3 mesi. Di Giovanni, invece (per precedenti accumulati in passato) dovrà scontare 6 anni e 4 mesi.

Ma la notizia più clamorosa è il rigetto del patteggiamento per l'ex consigliere comunale Pio Riggi. E' vero che a monte c'era un accordo tra la difesa e il pubblico ministero a 2 anni, ma per il Gup Cappiello tale condanna è risultata troppo lieve. «Uno sconto commenta l'avv. Tenga che era stato concordato con il pm alla luce della collaborazione su una presunta attività mafiosa. Cadendo, ora, l'aggravante mafiosa, cade tutto il castello costruito per concordare la condanna. Se il Gup, ora, ha respinto l'ipotesi di patteggiamento, vuol dire che la collaborazione resa da Pio Riggi è stata ritenuta non fruttuosa. O, almeno, ha deluso le aspettative».

Ed ora? «Ora prosegue l'avv. Tenga gli atti relativi a Pio Riggi tornano al pm e a questo punto si aprono due porte: o quella del rito abbreviato o del rito ordinario. A meno che non si tenti un altro patteggiamento, ma con una pena più alta». Il Pm Fasanella aveva invocato 10 anni di carcere per i 4 imputati accusati delle intimidazioni nei confronti dell'imprenditore Lorenzo Scarsella.


Ma oltre al nome di Pio Riggi, Scarsella ha fatto anche quello dell'ex assessore Luca Bacchi. Bacchi (assistito dagli avvocati Vincenzo Galassi e Pierpaolo Dell'Anno) viene però processato con rito ordinario (per lui l'udienza è stata fissata al 4 di febbraio). Bacchi, non ha scelto i riti alternativi perché si sente sicuro di poter dimostrare, in aula, l'estraneità ai fatti contestati. Contro di lui, infatti, non ci sono prove oggettive che lo inchiodano alle presunte richieste di tangenti. A metterlo nei guai, invece, solo le dichiarazioni di altri che lo hanno chiamato in causa. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero