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La speranza più forte del pessimismo. Ma su tutto prevale la tenacia per provare a superare la crisi causata dal virus e a ripartire, anche se ci vorrà tempo. È la sfida delle piccole e medie imprese della Ciociaria, colpite dalla pandemia che ha fatto crollare ordinativi e produzioni fino a minare le esportazioni. Ma loro, gli imprenditori, almeno in buona parte, nonostante le stime al ribasso, non solo si mostrano fiduciosi, ma sono pronti a rilanciare investendo su digitalizzazione dei processi aziendali e ammodernamento tecnologico. È quanto emerge da un’indagine della Federlazio su un campione di 71 aziende. L’associazione questa volta è andata oltre la consueta analisi congiunturale. È stata più penetrante, concentrandosi sull’entità del colpo subito dalle imprese, sulle misure adottate, sulle difficoltà incontrate e sulle previsioni. «I risultati - spiegano da Federlazio - disegnano uno scenario che, se fosse accaduto in assenza di pandemia, non avremmo esitato a definire apocalittico».
GLI EFFETTI
«Nella prima ondata della pandemia ben l’80% delle imprese ha registrato un calo (anche un po’ più accentuato rispetto alla media regionale) degli ordinativi e della produzione».
LE PREVISIONI
Ma oltre a pensare al disastro lasciato dalla pandemia, è anche il tempo di guadare avanti. Le previsioni formulate per il futuro, però, non sono confortanti. Ma per la maggior parte degli imprenditori è soltanto una questione di tempo e la crisi passerà. Una grossa fetta di capitani d’impresa, che oscilla tra il 62 e il 68 per cento, è dell’avviso «che anche il prossimo semestre vedrà una contrazione sensibile dei principali indicatori (ordinativi, produzione e fatturato)». E per la quasi totalità di quelli interpellati, l’88,5%, «ci vorrà almeno un anno prima che l’attività aziendale possa tornare a una situazione di normalità».
SPERANZA E INCERTEZZA
Nel dettaglio, per il 57,7 per cento «ci sarà qualche mese di sofferenza, ma si riuscirà comunque a mantenere più o meno la stessa capacità produttiva e lo stesso numero di addetti». Il 15,5 per cento, invece, è convinto che «ci sarà una contrazione significativa delle attività per cui si dovrà ridurre sensibilmente l’occupazione». Percentuali inferiori, entrambe del 3,8, raccolgono sia quelli che sostengono che «bisognerà rivedere radicalmente il sistema di produzione per trovare un nuovo equilibrio» sia coloro per i quali «l’azienda corre il rischio molto concreto di sospendere o addirittura cessare l’attività».
«In questo quadro - afferma Roberto Battisti, direttore Federlazio Frosinone - ci piace tuttavia non lasciar cadere quella sfumatura più ottimistica che possiamo cogliere in quella grossa percentuale di imprenditori (88,5%)». «Adeguamenti infrastrutturali, sistema delle autorizzazioni, bonifiche ambientali e modernizzazione sistemica saranno fattori che influenzeranno il grado di reattività del tessuto produttivo» ha sottolineato il presidente Carmine Polito.
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