Droga e armi in carcere, la banda delle consegne con i droni: l'inchiesta partita dopo gli spari a Frosinone

Nel settembre del 2021 un detenuto esplose colpi di armai da fuoco contro alcuni compagni di cella

Droga e armi in carcere, la banda delle consegne con i droni: l'inchiesta partita dopo gli spari a Frosinone
È iniziato tutto dagli spari nella casa circondariale di Frosinone. Lì si è scoperto un vero e proprio sistema messo a disposizione dei detenuti per avere...

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È iniziato tutto dagli spari nella casa circondariale di Frosinone. Lì si è scoperto un vero e proprio sistema messo a disposizione dei detenuti per avere telefoni cellulari e, all'occorrenza, anche armi. Come avvenne a settembre del 2021, quando nella casa circondariale di via Cerreto si scatenò il far west.

L'indagine della squadra mobile della questura di Frosinone, inizialmente seguita dalla procura del capoluogo, ha scoperchiato un traffico che è arrivato all'attenzione della direzione distrettuale antimafia, prima di Roma e poi di Napoli e che ieri ha portato all'esecuzione di 21 misure cautelari.

L'ANTEFATTO

Il 19 settembre del 2021, un detenuto ha prima minacciato un agente e poi ha sparato contro tre compagni di cella e poi ha consegnato l'arma alla polizia penitenziaria. Immediato il suo trasferimento, ma anche l'avvio di un'inchiesta per capire come fosse entrata la pistola e cosa ci fosse dietro quegli spari. Gli investigatori della squadra mobile, diretti da Flavio Genovesi, hanno capito subito che era questione di camorra. Ad aprire il fuoco, infatti, era stato Alessio Peluso, un affiliato del clan Lo Russo. Nella sua cella la pistola era arrivata con un drone, come documentato dalle telecamere.

GLI SVILUPPI

Gli accertamenti sono partiti da lì e ieri una ventina di uomini della "mobile" di Frosinone sono stati a Napoli per eseguire le ordinanze insieme ai colleghi campani. Le indagini, infatti, hanno consentito di portare alla luce «una struttura criminale in grado di garantire l'approvvigionamento di apparecchi telefonici, sia smartphone che piccoli cellulari, nonché di rilevanti quantità di stupefacente in molteplici strutture penitenziarie, anche ospitanti detenuti classificati di massima sicurezza, dislocate in tutta Italia» - si legge in una nota.

È stato possibile documentare come organizzazioni di tipo camorristico fossero i primi a beneficiare di un sistema che garantiva ai detenuti del clan il costante rifornimento di apparecchi di comunicazione e di narcotici «assicurandosi in tal modo il monopolio della distribuzione nelle strutture carcerarie coinvolte». A partire proprio da quella di Frosinone, dove si trova una sezione di alta sicurezza con detenuti accusati di reati associativi legati proprio alla camorra.

Del gruppo faceva parte un uomo di 52 anni in grado di apportare modifiche costruttive ai droni che permettessero di sorvolare anche aree militari, sopportando un maggior peso in volo. Peccato che alcuni droni, nel corso delle indagini, siano caduti e di conseguenza sequestrati. Cosa che ha permesso di ricostruire chiaramente il modo con il quale arrivavano i rifornimenti. Senza gli spari a Frosinone, il gruppo probabilmente avrebbe agito ancora indisturbato.
 

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Il Messaggero