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Abbracci voluttuosi e amplessi rubati, violenza e piacere che si mischiano, eros e pathos. Restaurato in ogni suo pezzo e assemblato con un'operazione che non ha precedenti, torna in vita dopo duemila anni - documentato in esclusiva dall'Ansa - lo stupefacente carro della sposa ritrovato due anni fa a Pompei, nel portico della villa di Civita Giuliana, la stessa da dove emersero, grazie ai calchi, i corpi dei due fuggiaschi.
«Un lavoro straordinario che recupera un manufatto unico al mondo» sottolinea illustrando il restauro Massimo Osanna, il dg musei del Mic che lo ha voluto, in prima assoluta, per L'istante e l'eternità, la grande mostra in programma dal 4 maggio al 30 luglio a Roma alle Terme di Diocleziano.
«Un'autentica perla che dimostra ancor più, ove ve ne fosse bisogno, l'unicità del nostro patrimonio», applaude il ministro della cultura Sangiuliano sottolineando il lavoro congiunto degli archeologi del parco archeologico di Pompei, i carabinieri, la procura di Torre Annunziata che ha reso possibile questo straordinario recupero.
Strappato per un soffio ai tombaroli, che lo cercavano da anni e che quasi l'avevano trovato scavando cunicoli a più non posso alla ricerca dei tesori della lussuosa villa alle porte di Pompei, questo carro che i romani chiamavano pilentum, era conosciuto in realtà quasi soltanto dalle immagini di mosaici e bassorilievi e dal racconto delle fonti antiche, Livio, Virgilio, Claudiano, che l'associavano ai culti femminili descrivendone lo splendore e la comodità. Il restauro, che dopo la delicatissima fase dello scavo ha impegnato per un intero anno, microscopio alla mano, il team guidato da Emiliano Africano, ci riporta ora davanti agli occhi l'oggetto stupefacente di quei racconti.
«Quasi più una lussuosa carrozza», sottolinea Osanna indicandone ogni particolare mentre accanto a lui i restauratori assemblano con mille cautele gli ultimi pezzi sotto le volte monumentali delle terme romane. «Un veicolo rilucente di bronzi e di argenti, fatto per stupire e incantare».
«Chissà, forse la madre», ipotizza Osanna facendo notare che il sedile sembra fatto per due persone. Un carro simile a questo, racconta, è stato ritrovato anni fa in Grecia, nei luoghi dell'antica Tracia, in una tomba appartenuta a una famiglia di alto rango. «In quel caso però si decise di lasciarlo nel tumulo senza restaurarlo né rimontarlo». Anche questo rende straordinaria l'operazione del parco di Pompei: è la prima volta al mondo che un pilentum viene ricostruito e studiato. I restauri che hanno reso leggibili i decori riportando alla luce centinaia di particolari, confermano il legame di questo carro con il mondo femminile e con le nozze. «Ora bisogna lavorare sull'iconografia dei medaglioni», anticipa Osanna, e poi «sul sistema di movimento del carro».
Ludovica Alesse e Paola Sabbatucci, le restauratrici del parco di Pompei, supervisionano attente i lavori di assemblaggio. «Eravamo lì quando il carro veniva fuori, impresse nella cinerite erano ancora evidenti le tracce delle corde, delle stoffe, dei legni», raccontano. Tutte cose che il tempo ha dissolto, come l'impronta delle due spighe di grano lasciate sulla seduta. A pochi metri da lì, nella grande stalla, sono stati trovati i resti dei cavalli, anche un sauro ancora bardato. Gli scavi, come gli studi, intanto proseguono. Certo, è difficile dire se quel giorno di festa la giovane sposa l'abbia vissuto davvero. Ma chissà che non sia proprio il suo splendido carro d'argento a raccontarci, ora, qualcosa di più.
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