Quirinale, lo spettro della votazione infinita. Toti: «Trovate un'intesa o i grandi elettori faranno da soli»

Nessuno si aspettava un'elezione lampo, certo, ma arrivati al sesto giorno di scrutini a vuoto e di trattative inutili i grandi elettori cominciano a vedere davanti a...

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Nessuno si aspettava un'elezione lampo, certo, ma arrivati al sesto giorno di scrutini a vuoto e di trattative inutili i grandi elettori cominciano a vedere davanti a sé lo scenario peggiore: una votazione a oltranza che può prolungarsi per un'altra settimana e che potrebbe concludersi chissà come, con una soluzione arrangiata, dettata solo dalla stanchezza.

Nella storia della Repubblica i precedenti di votazioni lunghissime e al buio non mancano. Il record risale a mezzo secolo fa, al 1971, quando ci vollero ben ventitré scrutini per arrivare ad eleggere il democristiano Giovanni Leone. Un'elezione rocambolesca anche nei numeri: tra tutti i presidenti Leone è quello che ha ottenuto la maggioranza più risicata, appena sopra al quorum del 50 per cento dei voti più uno. Molto tormentata fu anche l'elezione del suo predecessore Giuseppe Saragat, socialdemocratico, che arrivò al Quirinale dopo ventuno chiamate.

Per Oscar Luigi Scalfaro furono necessarie sedici votazioni, nove per Antonio Segni, mentre in tutti gli altri casi si riuscì a trovare un presidente con meno di sette voti, per cui si può già dire che questa elezione del 2022 è una delle più lunghe di sempre. Tanto più che i tempi sono stati allungati dalla decisione di tenere inizialmente una sola votazione al giorno, invece di due, per consentire la sanificazione dell'Aula.

Da ieri gli scrutini giornalieri sono tornati a essere due, ma questo finora non sembra aver prodotto alcuna accelerazione, come peraltro era prevedibile in assenza di un accordo politico che inevitabilmente va trovato nei vertici di partito prima che nel segreto del catafalco. Così si prospetta il rischio di altre giornate nel segno della scheda bianca o peggio ancora della scheda goliardica, con i voti a Lotito e a Dino Zoff, e con i grandi elettori arrivati da tutta Italia costretti a bighellonare per la Capitale tra una chiama e l'altra, mentre vorrebbero tornarsene “nei territori”, formula istituzionale ed educata per dire che hanno tanta voglia di tornarsene a casa.

Stamattina il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, lo ha detto chiaramente: «Se non ci diamo una mossa il presidente verrà eletto non dico a furor di popolo, ma a furor di grande elettore». I capi dei partiti si mettano d'accordo al più presto su un nome altrimenti, dice Toti, «nelle prossime ventiquattro ore i grandi elettori prenderanno una decisione scavalcando i loro leader». E chi potrebbe raggiungere il quorum in uno scenario del genere, i grandi elettori lo hanno fatto già capire negli ultimi scrutini: ieri sera in 336 hanno votato Mattarella. Per arrivare ai 505 voti del quorum ne mancano solo 169, e alla votazione di ieri mancavano tutti i voti del centrodestra.

 

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Il Messaggero