L'analisi/ Quel lampo di grandezza che può dare la Capitale

L'analisi/ Quel lampo di grandezza che può dare la Capitale
In un momento assai difficile, arriva una boccata d’ossigeno. E s’impone agli occhi di tutti, con lo sbarco a Roma del presidente cinese, che è il leader...

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In un momento assai difficile, arriva una boccata d’ossigeno. E s’impone agli occhi di tutti, con lo sbarco a Roma del presidente cinese, che è il leader più di ogni altro sotto i riflettori della curiosità planetaria, la magia di una città unica, che diventa la porta dell’Europa e dell’Occidente. Grazie all’arrivo di Xi Jinping, ed eccolo al Quirinale, all’Altare della Patria, a Montecitorio, a Palazzo Madama e mentre si muove in uno scenario pieno di sole, di riflessi e di colori, è stato possibile scoprire quel lampo di grandezza della Capitale, quel guizzo di forza che viene da lontano e che non si fa schiacciare dalle miserie contingenti. 


Lo sbarco di Xi e il contesto in cui si svolge rappresentano un mix così potente che ha scatenato perfino le invidie dei nostri partner europei. I quali, anziché rallegrarsi del fatto che il presidente cinese abbia scelto Roma, cioè una città così simbolica e riassuntiva dell’Europa e dell’Occidente, organizzano contro-vertici, come quello targato Macron, invitando Juncker e la Merkel. Del resto, che questa concezione agonistica e competitiva da parte francese sia errata lo dimostrano le parole limpide, quasi una replica in diretta, che Xi e Mattarella hanno pronunciato al Quirinale. 

Il presidente cinese ha detto: «Abbiamo bisogno di un’Europa unita» (quindi l’opposto dei vertici separati). E il nostro Capo dello Stato ha osservato che chi si isola perde. E in questo caso non è l’Italia che si è isolata, anche se di errori giallo-verdi in politica estera si potrebbe parlare a lungo. Ma è stato importante che sia intervenuto Mattarella a correggerli, dicendo: «La Via della Seta dev’essere a doppio senso». Ossia occorre parità di rapporto e di scambio, in modo che lo sbarco della Cina in Italia non sia colonizzazione ma reciproco arricchimento. Anche sulla base di un’ammirazione culturale che storicamente è sempre intercorsa, da impero a impero (a Xi piace per esempio ricordare che nei componimenti del poeta Virgilio e del geografo romano Pomponio Mela si trovano molteplici citazioni del «Paese della seta»), tra Pechino e Roma. 

<HS9>E non stiamo parlando soltanto, al giorno d’oggi, delle frotte di giovani cinesi che sempre più affollano le aule universitarie della Sapienza per imparare il latino. Ma in generale della continua fascinazione che suscita questa città, che quando vuole sa mostrare tutte le sue potenzialità - e tra queste non c’è soltanto la Grande Bellezza - per uscire dal cono d’ombra in cui le malefatte di certa politica da sottoscala, purtroppo in continuità con gli orrori del recente passato, vorrebbero seppellirla. 


Napoleone diceva: «Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà». In queste ore la Capitale, abituata alla presenza di colossi, non trema affatto. E ogni sguardo del presidente cinese dentro e fuori dai palazzi romani, e perfino i suoi passi e il modo di porsi e di presentarsi, sembrano contenere la consapevolezza che solo Roma può dare qualcosa di grande a chi è già grande.

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Il Messaggero