Non siamo ancora al “tutto è bene quel che finisce bene” di Shakespeare, ma sui bonus edilizi la direzione è giusta perché non si corregge...
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Va osservato che molto di questa vicenda dipende da Eurostat: se i fondi stanziati dallo Stato andranno valutati per competenza e non per cassa, i conti del 2023 saranno sottratti in larghissima parte al maggiore onere e, dunque, vi sarà uno spazio fiscale maggiore per arrivare ad approdi condivisi. Ma l’altro aspetto della posizione di Eurostat - difficilmente condivisibile - riguarderebbe la configurazione dei crediti fiscali e degli sconti come direttamente assimilabili a una moneta (magari seguita dall’aggettivo “fiscale”) che, però, manca dei requisiti fondamentali, a cominciare dal potere liberatorio nonché dall’obbligo della sua accettazione. In ogni caso, ferma restando la differenza netta tra le valutazioni del governo e quelle delle banche sulla capacità fiscale ancora esistente nel settore creditizio che il primo valuta in 32-34 miliardi, mentre secondo l’Abi tale capacità sarebbe azzerata, è necessario distinguere tra il pregresso e il futuro degli incentivi. I 19 miliardi di crediti fiscali incagliati perché non hanno trovato cessionari, secondo le prime indicazioni verrebbero compensati con gli F24 che le banche ricevono dai clienti per il pagamento delle tasse e così si risolverebbe il problema.
Occorrerà però definire bene i rapporti, sotto il profilo giuridico e delle responsabilità, perché quella degli istituti si trasformerebbe in una mera attività per conto dello Stato, emergendo solo in secondo piano la figura del cessionario. Ma il governo intende trovare una soluzione per tutti i 120 miliardi di bonus di vario tipo e affrontare subito il post-blocco delle cessioni che può significare introdurre alcune deroghe ed eventualmente rivedere la data in cui lo stop è scattato. E qui si introduce la ragionevole richiesta della Confindustria di ricercare la possibilità di ammettere cessioni dei crediti di primo grado tra privati.
Insomma, l’ampiezza della platea dei soggetti coinvolti e le loro differenti necessità, ma anche la riduzione delle emissioni di gas-serra grazie ad edifici più consoni con gli obiettivi della transizione, richiedono che vengano esaminate tutte le possibili opzioni per voltare pagina senza danni economici e sociali.
In questo quadro sarebbe logico guardare anche alla Direttiva comunitaria sulla “casa green”, che avrà bisogno di sostanziali emendamenti per inquadrare un’operazione quale quella dei bonus, probabilmente con altri meccanismi ed altre misure meno improvvisate: ne ha parlato Antonio Patuelli ed è una sollecitazione che richiederebbe un adeguato riscontro. Insomma, si sono delineati i presupposti perché da un colpo di maglio si possa trarre un conclusione utile al Paese di una vicenda che esige capacità di sintesi, non unilateralismi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero