I romani e l'immagine della città/ La rivoluzione del buon senso: per la Capitale «si può fare»

I romani e l'immagine della città/ La rivoluzione del buon senso: per la Capitale «si può fare»
“Ama e fa ciò che vuoi”, diceva Sant’Agostino. Un motto che, con intenzioni decisamente diverse, è stato fatto proprio da molti Romani: il problema...

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“Ama e fa ciò che vuoi”, diceva Sant’Agostino. Un motto che, con intenzioni decisamente diverse, è stato fatto proprio da molti Romani: il problema dei rifiuti deve risolverlo l’Ama - l’Azienda Municipale che si occupa dello smaltimento - , io intanto faccio quello che mi pare. Perché è vero che i rifiuti solidi urbani, a Roma, diventano spesso rifiuti soliti urbani (rimangono lì per giorni, al punto che alcuni ci si affezionano), ma è anche vero che quei rifiuti in mezzo alla strada, sul marciapiede o al centro dell’aiuola qualcuno ce li ha buttati. L’Isola Ecologica, dove dovremmo portare l’immondizia non smaltibile tramite il normale sistema di raccolta, diventa sempre più di frequente  l’Isola che non c’è, un po’ per la maniera cervellotica in cui è organizzata, un po’ perché è più comodo abbandonare il frigorifero a bordo di una statale.

Il Direttore del Tg 5 Clemente Mimun nei giorni scorsi ha invitato – e giustamente – i cittadini dell’Urbe a ribellarsi a una Capitale soffocata da buche, immondizia, cinghiali ammiccanti e monopattini che ormai si sono imposti come specie dominante (la razza umana si estinguerà e resteranno solo loro a passeggiare per via del Corso, probabilmente). Insomma, in alcuni momenti si ha l’impressione che il degrado per Roma possa già essere considerato un passo avanti. Come se non bastasse, da qualche anno ha preso piede anche la moda barbara di abbandonare le bottiglie di birra bevute sui muretti, sui cofani delle automobili e sulle panchine. Auguro ai promotori di questa nuova tendenza che una antica divinità pagana di nome Squaraus si occupi di loro con grande costanza, negli anni a venire. Al netto dei disservizi imputabili alle Istituzioni (settore nel quale non ci facciamo mancare nulla da sempre), sono convinto che impegnandoci un po’ di più tutti, dal Tiburtino a via Condotti, da piazza Don Bosco a viale Bruno Buozzi, possiamo fare una piccola Rivoluzione. La Rivoluzione del Buon Senso, il semplice meccanismo che muove ogni forma di Civiltà. E’ sacrosanto e indispensabile pretendere che il Municipio faccia la sua parte (quella del leone, ovviamente), ma non basta: il tovagliolino di carta del tramezzino che abbiamo appena finito di mangiare, dobbiamo buttarlo nel cassonetto. Questo è inderogabilmente compito nostro. E se il cassonetto è pieno, dobbiamo mettercelo in tasca e gettarlo nel prossimo che incontriamo. I problemi non si risolvono da soli, in una concatenazione magica: non possiamo sperare che i cinghiali mangino tutta l’immondizia in strada, poi riempiano le buche con il loro prodotto interno lordo, subito dopo salgano sui monopattini abbandonati dappertutto e con essi abbandonino per sempre la città, dirigendosi sorridendo verso i boschi e le campagne.

Il Comune deve fare il suo dovere, ma anche noi cittadini dobbiamo metterci del nostro, altrimenti non se ne esce. Mimun cita una frase di Papa Woytila, pronunciata nel 2004: “Damose da fa”. Ha ragione. A me, più modestamente, viene in mente una vecchia barzelletta che, mi sembra, esprima perfettamente quello che è lo spirito dei Romani, da millenni. CI sono tre ragazzi seduti in un cinema di periferia. Stanno guardando un film d’azione, tipo 007, per capirci. Il protagonista è appena sopravvissuto all’esplosione di un palazzo, è saltato a cavallo di una moto giù un ponte che crollava e ha neutralizzato con poche mosse di karatè cinque energumeni che lo avevano circondato. Di fronte a queste mirabolanti avventure due giovani sono increduli, storcono il naso, tutto sembra loro poco probabile. Il terzo allora li guarda, sorride sornione e sussurra: “Se po’ fa”. Sono pienamente d’accordo con lui. Se lo vogliamo veramente… se po’ fa.

 

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Il Messaggero