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Tira aria di “stretta” su molti fronti caldi, un po’ ovunque: basta trasgressioni a buon mercato nell’ampio e variegato versante dell’ordine pubblico, più rigore nei controlli laddove si chiudeva un occhio per amore di pace sociale. E poi: indicazione governativa, perentoria, di indagini più serrate e sanzioni severe negli ambiti dei comportamenti civili che civili non sono e dove si tendeva a lasciar correre.
Da Palazzo Chigi, sommando i segnali, sembra arrivare un unico indirizzo chiaro, classificato come urgente. La difficile, prolungata stagione che il Paese sta affrontando causa pandemia Covid -19 (quarta ondata in arrivo) e le prove a largo raggio, davvero impegnative, che l’attendono nella complessa applicazione del piano di Rinascita e Resilienza, impongono l’abbandono di atteggiamenti nei quali lo Stato faceva non di rado la parte dell’osservatore poco attento e perfino poco attivo.
Basta buonismi interessati, indulgenze per convenienza: la direttiva è che servono segnali multidirezionali di una netta inversione di tendenza. A tutto campo.
La sequenza dei casi freschi di stampa è corposa e abbraccia scenari anche molto diversi tra loro. La rete fittissima di controlli, un autentico setaccio da nord a sud, da parte della Guardia di Finanza e anche dell’Inps sui percettori del Reddito di cittadinanza ha portato alla luce, dopo due anni dal varo dei bonifici, e dunque con inspiegabile ritardo, truppe di allegri e spavaldi furbetti singoli (con tanto di esibizioni di mazzette di euro sui social) e anche ben organizzati.
Percettori non idonei a ottenere l’aiuto finanziario contro la povertà e finalizzato alla ricerca di un lavoro totalmente privi dei requisiti previsti dalla legge.
E’ accaduto quel che si temeva, ma più in grande.
Quello dei certificati falsi sta rivelandosi un autentico bubbone a larga diffusione. Ogni giorno emergono nuovi casi. I controlli disegnano una realtà temuta ma non certo in così ampie dimensioni. Non solo cortei e sit-in ma anche passaggi dai falsari: sarà imponente la mole dei processi nati dalla squallida furbata.
Stretta attraverso circolari ai prefetti e ai questori anche sul fronte delle pubbliche manifestazioni: basta cortei, basta forzature, basta paralisi dei centri storici, basta assalti ai negozi, basta danni allo shopping.
La prova del fuoco della nuova linea del ministro Lamorgese segna un punto ulteriore di svolta nella delicatissima materia dell’ordine pubblico, chiamata a bilanciare diritti dei cittadini garantiti dalla Costituzione (manifestare) e necessità di mantenere l’ordine pubblico e i suoi differenti aspetti.
L’assalto alla sede della Cgil ha segnato la sera del 9 ottobre la classica goccia. Anche le indagini della polizia hanno mostrato un maggiore utilizzo del materiale acquisito durante i raduni e, per la contestazione dei reati, si è tornati a utilizzare da parte delle Procure la contestazione del reato in flagranza differita, che consente l’arresto anche a distanza di tempo e di luogo dal momento in cui è stato commesso. La stessa severità viene applicata a chi si scaglia contro le forze dell’ordine: le leggi ci sono ma si evitava di farne un largo uso. Le cose stanno cambiando. C’è poi un altro comparto assai delicato e complesso che è sotto la lente di diversi ministeri: riguarda i controlli sul superbonus per i lavori di ristrutturazione edile, talvolta richiesto (e ottenuto) anche grazie ad interpretazioni troppo estensive della norma.
E anche il nuovo codice della strada s’inserisce nel quadro d’insieme. Sui monopattini, ultimi nati nella circolazione delle città, già fonte di incidenti e polemiche, intervengono regole più stringenti e altre sono alle viste. Anche qui la materia era scappata di mano e c’è stato bisogno di un guinzaglio corto per riportarla in regime di sicurezza.
Parlando dell’andamento della campagna vaccinale il generale Figliuolo, commissario a pieni poteri, ha detto che se gli ordini sono dettati da persone competenti e riconosciute come autorevoli gli italiani li rispettano volentieri. Vero. Il problema è limitare al massimo le eccezioni. Che non sono poche.
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Il Messaggero