Roma, il mondo capovolto di Virginia Raggi: l’ordinario diventa un suo successo

Il marciapiede rifatto: che miracolo! Il lampione riacceso: questo sì che è Governare! E che portento quella pista per le bici ad Ostia tutta bella e nuova, se non...

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Il marciapiede rifatto: che miracolo! Il lampione riacceso: questo sì che è Governare! E che portento quella pista per le bici ad Ostia tutta bella e nuova, se non fosse che i ciclisti rischiano di sbattere contro le auto che l’affiancano. Il trionfalismo della sindaca Virginia Raggi ha qualcosa di surreale.



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Campidoglio



Ogni giorno un annuncio epocale per minimi rammendi urbani che dovrebbero essere ovvii e naturali. Siamo alla normalità spacciata per magnificenza. All’ordinario (fuori tempo massimo) che diventa straordinario. Ma che mondo è il mondo di Virginia? Un mondo capovolto in cui i romani, dopo 4 anni di nulla, dovrebbero gioire ad esempio per l’annuncio dell’assessore Meleo che è stato eroicamente riparato «un ascensore guasto in una palazzina popolare a La Rustica».

Tutto ciò suona quasi come un’ultima beffa, da campagna elettorale appena cominciata per il bis. Virginia twitta le sue gesta altisonanti - «La scalinata a Balduina è di nuovo pulita e libera» - e i cittadini invece di festeggiare la sindaca che vuole riesserlo ancora si chiedono vicendevolmente: «Ma a Roma serve una piccola fiammiferaia, o dobbiamo aspirare ad altro?».

Ad altro, è la risposta che si danno tutti. E invece, no: la neo-Raggi in corsa per una (improbabilissima) rielezione è quella che - dopo non aver badato in questi anni alla manutenzione ordinaria, prerequisito di ogni discorso, né essersi concentrata sui grandi progetti per una grande Capitale - prova la carta del minimalismo da capa-condominio, del tardivo bricolage. E si presenta così a un voto, nel 2021, momento specialissimo perché coincide con il centocinquantenario dell’istituzione di Roma Capitale dello Stato unitario, che - anche per via della coincidenza storica - oltre che del declino da arrestare in grande fretta, mai come in questo caso necessita di essere rimessa al passo delle grandi ambizioni nazionali e internazionali, che costitutivamente le appartengono. Disboscare le ortiche e i rami caduti? Ma certo! E che bisogno c’è di dire, come gran vanto, che un cassonetto è stato rialzato da terra? Un cassonetto non dovrebbe stare dritto per natura?

Ma evviva, «voglio annunciare...»: che è stata anche rimessa a posto l’area bimbi a Villa Borghese. Come se fosse normale il restare chiusa. Un sindaco aggiusta-tutto ci sta bene. Non se lo fa però al crepuscolo di una sindacatura vuota, e con l’aria di dire: io vi salverò. E non se la Virgy delle piccole cose diventa, come è chiaro, un espediente per evitare quelle grandi. Non meriterebbe un tweet la fine della fuga delle aziende da Roma, o il risanamento della municipalizzate, o una vera innovazione infrastrutturale della Capitale, o il superamento dell’incubo della raccolta della spazzatura, o l’assegnazione a questa città finalmente di veri poteri pieni e degni di una Capitale come accade nel resto d’Europa, a Parigi e Berlino, o il prosciugamento della palude della burocrazia capitolina?

Questi sono i tweet che non ci sono e che non ci saranno, perché manca l’oggetto su cui poggiarli. Ovvero l’aspirazione a dare a Roma ciò che dovrebbe essere di Roma. Non si può chiedere alla sindaca uscente - ma figuriamoci! - d’ispirarsi agli antichi: «Questa gente lavorava per l’eternità», esclamò Goethe ammirando i Fori e la tomba di Cecilia Metella. Ma si potrebbe pretendere da lei, e sopratutto da chi le succederà, la constatazione che lo stato di salute economico, sociale, ideale di Roma coincide con quello dell’intera nazione, essendo Roma l’unica metropoli italiana che elevando o avvilendo se stessa eleva o avvilisce l’Italia intera. E ha stravinto l’avvilimento in questi anni da non ripetere. Il punto della questione Raggi è che non si capisce chi e che cosa glielo faccia fare di ripresentarsi. Anzi, si capisce benissimo. Riproporre se stessa, in combutta con Grillo e Di Maio, significa il “libera tutti” dall’incubo del divieto del terzo mandato non solo per gli amministratori locali ma soprattutto per i parlamentari M5S.


La piccola fiammiferaia salva l’amico Luigi, Fico, la Taverna, i ministri stellati, i big del movimento e tutti gli altri neo-movimentisti diventati super-partitisti dalla pensione anticipata. E garantisce a se stessa un posto nel governo come sottosegretaria (specie se aiuta il Pd a giocarsi nel secondo turno la partita di Roma che sembra più da volemose bene che da grande guerra rosso-gialla) e la candidatura in Parlamento con i 5 stelle (se ancora esisteranno) nel 2023. E in tutto ciò, i romani dovrebbero accontentarsi di una panchina ripitturata o di un’erbaccia in meno. Quando si parla di Roma, serve scomodare i padri della patria. Ebbene, Mazzini - in uno dei momenti più cupi per la Capitale, ossia nel tracollo della Repubblica romana - scrisse: «Speriamo che passi questa nerissima nube che mi sfascia l’anima». Sembra un po’ il mood di tanti romani oggi, ma da qui alla primavera 2021 manca purtroppo quasi un anno. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero