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Ci sono persone che pur soffrendo di vertigini amano la montagna. E ci sono persone che, pur non soffrendo di vertigini, avranno qualche giramento di testa davanti ai numeri del XXI Rapporto Inps, presentato e illustrato pochi giorni fa dal suo presidente, Pasquale Tridico. Trecentododici i miliardi spesi ogni anno dall’istituto di previdenza sociale, ventidue i milioni di pensioni erogate e 16 i milioni di beneficiari. Tra tutte queste cifre, quella che più colpisce però è una voce straordinaria, particolarmente eclatante per l’anno a venire: ventiquattro i miliardi previsti per adeguare all’inflazione galoppante le pensioni che ne hanno diritto. Una dimensione che impressiona per almeno due motivi. Il primo è quello forse più ovvio. Ventiquattro miliardi sono l’equivalente di circa 3 punti in più di aliquota Iva (dal 22 al 25%) o di 1,3 punti percentuali del prodotto interno lordo 2021. Curiosamente, sono anche la stessa cifra che lo Stato si troverà a dover pagare tra il 2022 e il 2025 per sostenere “Quota 100”, l’anticipo pensionistico temporaneo e sperimentale introdotto nel 2018 e ora definitivamente eliminato. A conferma che, per determinate categorie, le risorse si trovano facilmente. Il reddito delle persone più anziane, benché non elevatissimo, è comunque certo, sicuro e a prova di potere d’acquisto. Una bella differenza con i lavoratori, in particolare quelli più giovani.
Sì, perché il secondo motivo per cui questa cifra impressiona è che, al contrario delle fasce più anziane, mai si annuncia un’operazione di valore paragonabile quando si parla di politiche giovanili. Per intenderci, la rivoluzione (sulla carta) dell’Assegno unico per figli costa 19 miliardi l’anno, cinque in meno dell’adeguamento al potere d’acquisto per le pensioni. E il significato di politiche giovanili ha comunque un senso molto più ampio: assistenza famigliare anche in termini di servizi (asili nido), politiche di inclusione, lotta alla disoccupazione, investimenti in istruzione e così via.
Cos’altro scoprirebbe un giovane che leggesse questo Rapporto? Innanzitutto, che dovrà lavorare più a lungo dei suoi genitori.
In questi torridi giorni di luglio, con l’aria bruciata da un sole cocente e da incendi misteriosi, abbiamo cercato sollievo nelle grandi vittorie sportive del passato: 40 anni fa la Coppa del mondo di calcio in Spagna, un anno fa il trionfo agli Europei e gli ori olimpici più belli e inaspettati della nostra storia. Abbiamo usato questi trionfi per sentirci più nazione. Più uniti. Ma celebrare il passato ha senso solo se si guarda al futuro: altrimenti si riduce a nostalgica rievocazione. Potremmo mai usare una tabella dell’Inps allo stesso scopo? Più difficile, di sicuro. Forse impossibile. Ma se così fosse, tra 40 anni, avremmo una vittoria ancora più bella da festeggiare.
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Il Messaggero