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Se tutto andrà come deve andare, tra non molto la Nato accoglierà due nuovi Stati salendo a 32 membri: Finlandia e Svezia. Ovviamente l’ingresso di Helsinki e Stoccolma non può ancora essere dato per scontato, dato che sarà necessaria l’unanimità di tutti gli attuali membri e occorrerà dunque vincere le resistenze della Turchia, che almeno fino ad ora si è dichiarata contraria all’espansione dell’Alleanza. Ma una contropartita per il via libera da parte di Erdogan è certamente raggiungibile, in un momento di particolare debolezza per Ankara che sta attraversando una pesante crisi economica e ha dunque bisogno di aiuti e rassicurazioni soprattutto da Washington.
Il possibile ingresso di Finlandia e Svezia accentuerà ulteriormente la dimensione europea dell’Alleanza atlantica coprendo interamente il fronte baltico a nord e aumentando la lunghezza dei propri confini con la Russia. In realtà, sotto un profilo sostanziale non cambierebbe granché rispetto alla situazione esistente, dal momento che già da diverso tempo i due Paesi sono coinvolti attivamente nelle operazioni della Nato attraverso la partecipazione ad esercitazioni militari congiunte (l’ultima delle quali peraltro si è svolta proprio pochi giorni fa in Estonia). Il vero elemento di novità è squisitamente politico, e coincide con la rinuncia dei due Stati baltici alla loro tradizionale neutralità: ora, dopo essersi schierate economicamente all’interno dell’Unione Europea, Helsinki e Stoccolma prendono posizione anche a livello difensivo abbracciando – e lasciandosi abbracciare – dall’Alleanza atlantica. Un effetto “collaterale” della scellerata invasione dell’Ucraina da parte della Russia che, come risultato, ha fatto crescere il bisogno di sicurezza in Europa e sta portando la Nato sempre più sull’uscio di casa.
Quali potranno essere le conseguenze di questo ulteriore allargamento della Nato, che dopo avere incluso buona parte dei Balcani a sud ora completerebbe un arco fino ai limiti settentrionali del continente? Innanzitutto, a livello strategico si accentuerà la divisione in blocchi sul territorio europeo: da una parte i Paesi occidentali filo-atlantici, dall’altra la Russia con i suoi (pochi) alleati secondo una dinamica già vista in parte durante la Guerra Fredda. Tale contrapposizione rischia però di produrre danni molto pesanti sia dal punto di vista politico che economico: per questo motivo è fondamentale cercare di frenare l’escalation militare in Europa dal momento che sarà già molto difficile ritornare a rapporti “normali” con la Russia anche una volta che la guerra sarà terminata.
Da un punto di vista prettamente europeo, però, questa situazione presenta anche degli aspetti positivi.
Il Messaggero