Musk e Zuckerberg/ Una sfida sulle idee sarebbe più utile della lotta sul ring

Musk e Zuckerberg/ Una sfida sulle idee sarebbe più utile della lotta sul ring
La decisione di due miliardari - uno dei quali (Elon Musk) è il più ricco del mondo con un patrimonio di 226 miliardi di dollari che si confronta con quello...

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La decisione di due miliardari - uno dei quali (Elon Musk) è il più ricco del mondo con un patrimonio di 226 miliardi di dollari che si confronta con quello dell’antagonista (Mark Zuckerberg) di 111 miliardi - di darsele di santa ragione in una sfida di pugilato o di arti marziali, si presta a suscitare, a seconda delle diverse reattività, grande curiosità, applausi, ma anche giudizi pesantemente negativi, cachinni, sottolineature di quella che, come ha detto anche un esponente della maggioranza di governo, viene definita pagliacciata.


Il fatto che, per questa sfida, della quale sarà da verificare l’effettivo intento dei due di affrontarla e non di limitarsi ad annunci e rinvii che hanno un effetto pubblicitario, il patron di Tesla e ora pure di Twitter, Musk, e il fondatore di Facebook trasformato in Meta, Zuckerberg, vogliano lo scenario di un sito archeologico romano o comunque italiano evidenzia ancor più l’intento propagandistico. Per stare nell’ambito di questa bizzarra e, al tempo stesso, immaginata come lucrosa iniziativa, bisognerebbe ricordare loro che nel pugilato romano il guantone dell’epoca era il “caestus” un insieme di cinghie di pelle, definito da alcuni come tremendo, rafforzate da strumenti contundenti; al combattimento, che poteva durare fino allo sfinimento di uno dei due avversari od oltre, si poteva unire pure la lotta formando quella competizione che si chiamava il “pancrazio”. 


Aspirare all’ambientazione dello scontro in un sito del tipo segnalato dovrebbe avere la conseguenza - si potrebbe dire tra il serio e il faceto - di una replica, da parte dei gareggianti, per quanto possibile, imitativa delle sfide e degli strumenti del pugilato romano. Ma a ciò i due miliardari non pensano proprio; se ne guardano bene. Il fatto è che il progetto in questione, che non andrebbe certamente assecondato, per non trascinare nell’adesione al ridicolo monumenti che contribuiscono decisamente a formare l’identità di un Paese e dell’Occidente, tanto meno per avere delle contropartite monetarie, ci illumina, qualora ve ne fosse bisogno, sulla mentalità di questi due protagonisti, abilissimi nel fare soldi e nello sviluppare sempre di più una ricchezza che è pari o superiore a quella di un piccolo Stato, ma completamente distanti dall’affrontare in pubblico i problemi che riguardano i settori di loro competenza e, prima ancora, l’evoluzione del mecenatismo (soprattutto dal Mecenas dell’Ode di Orazio) e della filantropia, con il sostegno alle arti e alle scienze, da un lato, e alle condizioni di molte aree dell’umanità, dall’altro. È un campo, questo, fondamentale, che si prospetta mentre si accentuano problemi mondiali quale quello delle migrazioni e in molti Paesi si assiste alla crisi di strumenti dello Stato sociale. Perché non progettare, allora, una sfida pubblica, nella quale ciascuno dei due esprima il proprio pensiero, per esempio, sulle diverse forme di transizione tecnologica ed ecologica, sull’intelligenza artificiale e il rapporto con l’uomo, sulla concorrenza internazionale, sull’evoluzione della globalizzazione? Perché non confrontarsi e unire gli sforzi sull’istituzione di una grande Fondazione, secondo il modello di Bill Gates, con obiettivi in campo sociale, sanitario, educativo, assistenziale?


Perché non dare vita a un contraddittorio sulle regole finanziarie globali, sul futuro dei Big Tech, sul rapporto tra Stati, mercato, consumatori-utenti? Si dirà che si pecca di ingenuità al solo proporre che questi temi si affrontino in un dibattito tra i due straricchi: significherebbe ipotizzare che l’uomo morde il cane. Può essere fondato un tale giudizio, ma ciò rafforza la posizione che vede questa ipotetica scelta dei due “ioci causa”, compiuta per un vero gioco e fini pubblicitari, nonché con conseguente pagamento di chi presta la “location”. Se quanto sopra si propone è troppo alto, la richiesta di ospitare la sfida appare troppo bassa perché possa essere anche solo discussa nei termini in cui viene prospettata. 
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Il Messaggero