Come eravamo / Quel simbolo di italianità nel mondo

Come eravamo / Quel simbolo di italianità nel mondo
Finisce un mondo. Il mondo Alitalia. E non basta dire con cinismo giornalistico “è la globalizzazione, bellezza…”; quel mondo da oggi sparisce sul serio,...

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Finisce un mondo. Il mondo Alitalia. E non basta dire con cinismo giornalistico “è la globalizzazione, bellezza…”; quel mondo da oggi sparisce sul serio, viene inghiottito nel serbatoio dei ricordi, non esisterà più. Con una firma secca, come quelle che si mettono in calce agli assegni, la nostra meravigliosa compagnia di bandiera cambia casacca. Come se la nazionale azzurra diventasse di colpo quella bianca teutonica. Un duro colpo per noi tifosi di quei velivoli che hanno portato dal dopoguerra a oggi l’immagine volante del nostro paese nel mondo. Certo, l’agonia è stata lunga. Forse tutti sapevamo che sarebbe finita così. Ma quando poi succede tornano a galla i ricordi, i rimpianti, tornano soprattutto alla memoria tante immagini indelebili che appartengono alla nostra memoria collettiva. Quel mondo delle foto in bianco e nero che ha reso immortale il nostro cinema in bianco e nero. E che oggi sembra a colori vivissimi. 

Le prima hostess degli anni 50, oggi assistenti di volo, vestite dalle Sorelle Fontana. Poi da Mila Schon. Quelle ragazze eleganti che mostravano la bellezza italiana con sobria semplicità. 
I nostri comandanti, belli come gli attori di Hollywood. Il cibo a bordo, stupendo, di classe, amato da tutti i viaggiatori del pianeta. Ma soprattutto le scalette dei nostri aerei dai quali abbiamo visto scendere e salire Sofia Loren con l’Oscar, Anna Magnani, Claudia Cardinale. La compagnia di Rugantino del Sistina in trasferta. E i nostri bianchi pontefici. E i nostri presidenti. E le nostre mitiche nazionali di calcio con la coppa in mano. Fine, l’Alitalia non c’è più. Titoli di coda. Ma io continuo a ricordare cosa ha rappresentato l’Alitalia per me e per chi si è sempre sentito italiano. 
Italiano moderno. Quando era lo sponsor dei Giochi Olimpici a Roma, segno di rinascita e di speranza. Quando noi giovani ragazzi dello stivale mediterraneo partivamo per la prima volta per New York, alla scoperta dell’America. E quelle tratte di lungo raggio che ci portavano in Sud America, Rio de Janiero, Caracas, Lima, Cile. O in Oriente, in India in Thailandia, in Giappone. Quell’Alitalia che quando atterrava oltre gli oceani ci faceva sentire forti, importanti, cittadini del mondo a tutti gli effetti. Non a caso la melodia italiana più famosa nel mondo è “volare”. E l’Alitalia volava con la stessa simpatica andatura italiana.
Adesso saremo una appendice della potenza economica tedesca. Colpa nostra? Forse sì. O forse questo risiko finanziario e industriale era davvero qualcosa di inevitabile. Ci hanno portato via la gran parte del “lusso”. Moda, artigianato, gioielleria. E della nostra sapienza industriale automobilistica e motoristica. Hanno comprato i nostri alberghi. Anni fa ci hanno comprato anche una parte di territorio, in Sardegna. Siamo terra di conquista. 

E sapete perché? Perché malgrado tutto siamo i più bravi e gli altri ci invidiano. Anche l’Alitalia, che non sapevamo gestire, era invidiata. Perché era uno scrigno di storia e di eleganza. E se la sono pappata. Come un wurstel. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero