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Una certezza c’è ed è persino disarmante nella sua semplicità: all’Italia serve come il pane un governo. E poiché ci attendono mesi (forse anni) difficili, questo governo ci serve forte dentro e fuori i confini nazionali, il più possibile compatto nella sua composizione politica, il più possibile competente nella sua formazione ministeriale. A poche ore dall’incarico a Giorgia Meloni però la maggioranza di destra-centro è attraversata da tensioni del tutto impreviste (quantomeno nella tempistica, visto che nemmeno sono iniziate le consultazioni al Quirinale), tensioni che sono essenzialmente legate ai difficili rapporti tra la futura premier e Silvio Berlusconi.
Non vogliamo qui entrare nel merito di quanto detto in queste ore, è oggetto di analisi in molte pagine di questo giornale. Bisogna però chiarire tre punti essenziali di cui tutti (a destra) dovrebbero tenere conto.
Punto primo: il mandato degli elettori è chiarissimo (anche per effetto della legge elettorale) e rappresenta un patrimonio nazionale di enorme valore, anche perché da dieci anni si succedono governi espressione di maggioranze spurie, innaturali e (spesso) contraddittorie.
Punto secondo: il governo non è fatto dai soli ministri.
Punto terzo: il messaggio arrivato a questo vasto gruppo di donne e uomini dalle urne è stato chiaro, quello dell’ultima settimana molto meno. Una coalizione forte e numericamente solida in Parlamento forma un governo che viene accolto dal deep state con rispetto, perché nessuno si mette di traverso ad un nuovo equilibrio di potere che parte tonico con l’intento di durare. Ben diversa è però l’accoglienza se quella coalizione appare incerta, litigiosa, contraddittoria. Ecco dunque il punto centrale in queste ore. All’Italia occorre un governo solido come non mai, innanzitutto per reggere confronti internazionali che saranno durissimi in materia d’energia, di conti pubblici, di investimenti sulla difesa.
Perché ciò accada davvero la saldatura operativa tra ruoli politici e vertici delle amministrazioni si deve compiere, altrimenti tutto (o molto) si perde nella terra di nessuno di una burocrazia capace di buttare la palla in tribuna tutti i giorni a tutte le ore. Il governo Meloni deve nascere all’altezza delle sfide che ha davanti. Quindi deve trovare subito, già nelle prime ore di vita, un’intesa con quelli che saranno i traduttori in norme e atti degli indirizzi politici. Ma questo accadrà solo se saprà porsi come appariva il 26 settembre. Come dice il proverbio: uomo avvisato mezzo salvato.
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Il Messaggero