L’arcinapoletano che fa male al Sud e a Roma

L’arcinapoletano che fa male al Sud e a Roma
La commedia interpretata da Luigi De Magistris, e intitolata “La secessione del Golfo”, è quanto di peggio abbia prodotto negli ultimi decenni, ma forse anche...

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La commedia interpretata da Luigi De Magistris, e intitolata “La secessione del Golfo”, è quanto di peggio abbia prodotto negli ultimi decenni, ma forse anche prima, lo pseudo-meridionalismo. Quello che invece di collegare il riscatto del Sud allo Stato centrale e all’idea di Europa - come hanno insegnato gli spiriti grandi, da Benedetto Croce a Giuseppe Galasso - lo precipita in un provincialismo recriminatorio. Che è speculare, per autolesionismo, alla deriva nordista di cui è purtroppo impregnato il progetto neo-autonomista del governo. 


<HS9>Giggino l’Arcinapoletano - che salvineggiando dice: “È finita la pacchia per i politici anti-meridionali” e promette per l’anno prossimo l’autonomia della sua città come una sorta di nostalgico ritorno al tempo dei Borbone - è lo specchio di una scorciatoia pericolosa. Quella per cui, come risposta al fai da te del Nord, che banalizza la questione settentrionale, il Sud deve rivendicare una sorta di anti-storico indipendentismo, che mortifica la questione meridionale. Proiettandola in una dimensione da revanscismo lazzarone e da subalternità mascherata. 
<HS9>Questa farsa della “Secessione del Golfo”, musicata con il mandolino della più scontata oleografia, racconta in maniera triste di come si può sabotare una battaglia giusta - quella contro l’autonomia settentrionale - mutuando il peggio dall’avversario. Tu affondi me? E io affondo te! Oltretutto, dare sfogo alle viscere del sudismo più deteriore e mettere in piazza la napoletaneria più politicamente vernacolare - la napoletanità è altra cosa, più matura e costruttiva, come insegna Dudù La Capria - significa dare alibi e fiato alle (finte) ragioni degli autonomisti del Nord che amano descrivere il Sud in maniera macchiettistica e gli imputano mancanza di serietà. Come se tutto il Mezzogiorno fosse Giggino, quando si sa benissimo che così non è. E guai a infilarsi nei cliché - uno è quello del masaniellismo - graditi agli altri. 

<HS9>La sfida del lombardo-veneto ha scatenato così i peggiori istinti dell’altra parte d’Italia. Ha riattizzato con De Magistris la retorica della “nazione napoletana” - o addirittura, orrore, di Napoli Nobilissima - che sembrava seppellita dalla storia e che adesso prova a risorgere, facendosi beffa del ‘700 riformatore del Mezzogiorno, di Genovesi, di Giannone, di Cuoco e poi via via di tutta la migliore cultura di progresso, che dall’illuminismo è arrivata fino al ‘900 e oltre. Il paradosso è che l’attuale scomparsa del Mezzogiorno dall’agenda politica del nostro Paese riceve un’altra botta proprio dal Sud. 

<HS9>Le responsabilità di questa parte d’Italia non mancano. Invece di dire mi impegno di più a crescere e a migliorare, anche chiedendo solidarietà e condivisione nazionale in nome di questo sforzo virtuoso e fruttuoso per tutti, mi invento autonomista come se ne avessi la forza (che non ho). La questione meridionale è il discorso, profondo e purtroppo sempre attuale, di come lo squilibrio post-unitario ha impedito all’intera nazione di essere competitiva e di come il problema di una parte sia in realtà il problema di tutto il Paese. E guarda caso tra i massimi meridionalisti abbiamo avuto personaggi come Sonnino e Franchetti - gli autori della celebre inchiesta del 1876 sulle condizioni politiche e amministrative della Sicilia - che non erano del Sud. L’improponibile sudismo alla De Magistris, viceversa, è quello che non capisce che soltanto raccordando sempre di più, e non sempre di meno, queste aree al resto del Paese può equilibrarsi e crescere complessivamente il sistema Italia. 

<HS9>E allora, la situazione è quella del cortocircuito. Quanto più da Nord si guarda al Sud come una zavorra fatta di assistenzialismo, e perciò ce ne si vuole allontanare, tanto più da Sud si alimenta quella propaganda, vellicando con pretesti autonomistici e altre demagogie l’assistenzialismo amorale che cova nella pancia di questi territori. E di cui non ci si è riusciti a sbarazzare: anzi il reddito di cittadinanza grillino ne è la riproposizione più evidente. 

<HS9>“La secessione del Golfo”, inaccettabile per tanti motivi, lo è anche a maggior ragione perché è nemica di Roma. Come il Nord in versione leghista punta a svuotare la funzione della Capitale, anche quella di Napoli autonomista è una retorica che non tiene conto del ruolo di sintesi e di guida nazionale, bisognosa di rafforzamenti e non di spinte centrifughe, che è rappresentata da Roma e che soltanto questa città - come da moderno statista Cavour capì prima e meglio di chiunque altro - può svolgere. Ma De Magistris è De Magistris. In nome di uno strumentale patriottismo “parte napoletano e parte nopeo” - come direbbe Totò - fomenta l’anti-patriottismo che soffia di qua e di là in ogni latitudine e nella somma distruttiva di questi umori rischia di non salvarsi nessuno. 
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Il Messaggero