Lo scoglio previsto/La giustizia vera crepa della triplice alleanza

Lo scoglio previsto/La giustizia vera crepa della triplice alleanza
Com’era prevedibile, la prima secca dove il precario vascello governativo ha rischiato di incagliarsi è stata la Giustizia. Prevedibile perché, nonostante il...

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Com’era prevedibile, la prima secca dove il precario vascello governativo ha rischiato di incagliarsi è stata la Giustizia. Prevedibile perché, nonostante il nocciolo duro della sinistra sia ancora tendenzialmente manettaro e giacobino, esso contiene una benemerita frazione di convinti garantisti. 


È vero che la ragion di Stato ne ha talvolta soffocato le aspirazioni, come è avvenuto nel caso della nave “Diciotti”, quando ogni argomento giuridico militava a negare l’autorizzazione a procedere contro Salvini, autorizzazione che Renzi e compagni hanno invece sostenuto al solo fine di estromettere l’avversario. Ma è anche vero che, scampato il pericolo del “Male Supremo”, questa tendenza riemerge, e il diniego all’arresto di Diego Sozzani ne costituisce un esempio significativo.

Qualcuno dirà che il salvataggio del deputato forzista è una forma di autotutela preventiva, perché ogni parlamentare, con i tempi che corrono, è a rischio di imprevisti dolorosi. Ma non è così. Al di là dell’interesse personale alla propria incolumità, crediamo che i numerosi franchi tiratori che hanno sconfessato la linea della maggioranza abbiano voluto affermare, nel senso più squisitamente politico, la centralità del parlamento rispetto all’invadenza del potere giudiziario.

Probabilmente memori dei padri costituenti che avevano previsto l’immunità a garanzia non della persona ma della carica, e in definitiva della volontà dei cittadini. Esporre il loro rappresentante alle precarie sorti delle insidie giudiziarie avrebbe significato subordinare la sovranità popolare a un potere privo di legittimazione elettorale. Se questa nostra interpretazione è corretta, la votazione di martedì non costituisce tanto il salvataggio dell’onorevole Sozzani quanto un preciso monito al governo che sulla giustizia non è il caso di scherzare. 
Ma questo è solo l’inizio. Fra poco più di tre mesi entrerà in vigore quel mostro giuridico della sospensione della prescrizione , che il precedente governo aveva subordinato ad una radicale riforma di snellimento delle procedure. Tuttavia di questa riforma non si vedono i contenuti e nemmeno gli orizzonti, e lo stesso programma enunciato da Conte è cosi vago e generico da indurre a credere che tutto resterà come prima. 

Non basta. La pur timida limitazione delle intercettazioni enunciata dall’ex ministro Orlando sembra dimenticata, ed anzi sostituita dall’esasperata utilizzazione di mezzi invasivi (come il trojan) che stracciano i diritti alla riservatezza costituzionalmente garantiti. Di questa sciagurata intrusione sono stati oggetto vari esponenti della stessa attuale maggioranza: da chi è uscito dal Pd, come Renzi, a chi vi è rimasto, come Luca Lotti. Il tutto mentre assistiamo alla decomposizione del Csm, dal quale ieri si è dimesso un altro componente reo di aver scambiato con il deputato dem frasi di cui si sa ben poco. E quello che si sa, lo si sa solo perché è stato diffuso in modo illegale. 
Che faranno allora Renzi e i suoi, tenuto anche conto del filone di indagine fiorentino di queste ultime ore? C’è da immaginare che non si inchineranno supinamente al nuovo corso pentastellato «per il bene del Paese», magari ritrovando il vigore e la dignità di difendere una civiltà giuridica che si sta sgretolando.

L’altro ieri i franchi tiratori hanno manifestato il loro dissenso coperti dal voto segreto, che Di Maio vorrebbe abolire, ma un domani saranno chiamati a esprimersi apertamente nelle riunioni, nei congressi, e soprattutto nelle aule parlamentari.


Allora vedremo se il salvataggio di Sozzani sarà stato un mero incidente di navigazione, o se, come pensiamo e ci auguriamo, abbia espresso un intollerabile disagio verso la rotta giustizialista di questo fragile vascello governativo . Che dopo essersi disincagliato da una secca imprevista potrebbe urtare il relitto di una Giustizia affondata, rischiando di affondare a sua volta.

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Il Messaggero