Quando, lo scorso gennaio, fu modificata la disciplina della prescrizione, il Governo promise che il suo effetto sarebbe stato differito all’inizio del 2020, unitamente alla...
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La Lega ha risposto lamentando la mancanza di riforme strutturali, come la separazione delle carriere e di quelle a garanzia dei diritti individuali, come le intercettazioni. Riforme per noi sacrosante: ma nemmeno queste da sole servono ad accelerare i giudizi. Quindi la confusione è totale. Bonafede crede di rendere la giustizia più rapida imponendo termini più rigorosi, secondo la perniciosa consuetudine di rompere il termometro per non veder la febbre, cioè illudendosi che basti un decreto per rimediare all’incolmabile abisso tra i mezzi a disposizione e i fini prefissi. Salvini vuole una riforma più radicale, che però richiede tempi lunghi e forse una revisione costituzionale. Erano tutte cose previste e prevedibili. E ora, a carte scoperte, si vedrà chi ha bluffato e chi no. Una cosa però ci lascia sconcertati. L‘introduzione di quell’obbrobrio giuridico che è, come abbiamo detto, la devoluzione ai Procuratori dei criteri di scelta della priorità delle indagini. Noi abbiamo sempre sostenuto che l’obbligatorietà dell’azione penale è una favola vuota che lascia ai Pm il potere di decidere quali procedimenti iniziare e quali no: un’ipocrisia come tante nel nostro sistema, anche se si fingeva di non vederla. Con questa odierna bella pensata, peraltro conforme alla scelta già fatta da alcuni capi di Uffici di definire con una sorta di editto pretorio la prelazione dei fascicoli, si rischia di giustificare e certificare l’arbitrio dei Pm: avremo una Giustizia a tacche di Arlecchino, secondo le collocazioni e le dimensioni delle Procure. Si dirà che questo accade proprio nel processo accusatorio americano, che abbiamo maldestramente introdotto a metà. Già.
Ma lì il Procuratore Distrettuale è elettivo, e se sbaglia viene cacciato via.
Il Messaggero