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Era sicuro che accadesse. Di fronte ai divieti del governo che impongono il prolungamento della chiusura delle discoteche ecco che si fanno avanti i furbetti della trasgressione. Sono quei gestori che “truccano” le serate: promettono di trasformare, da una certa ora in poi, la cucina, i camerieri e i piatti in tavola in baldoria danzante, con tanto di disc jockey. A un certo punto della serata il ristorante, come negli avanspettacoli d’un tempo, offre il caffè chantant del dopo pandemia. Ora, si sa che il divieto di riaprire i locali dove si balla, non è stato deciso dal governo per un uzzolo del Comitato Tecnico Scientifico.
La norma si è imposta perché questi luoghi sono fonte di altissimo rischio di contagio. Eppure, c’è chi pratica la scorciatoia della serata danzante mascherata in cena d’ordinanza. Diversi di questi locali, non solo a Roma, sono stati individuati dalle squadre addette ai controlli e qualcuno anche multato, pur senza interromperne l’attività. Quel che appare carente è una risposta severa e capillare.
Il rischio della trasgressione non deve pagare, affinchè non diventi un messaggio fuorviante per chi, i divieti, li rispetta. Non è una buona politica evitare di impiegare i mezzi dovuti per far rispettare la legge, così come accade per le manifestazioni di piazza non autorizzate dalla Questura. Chi gioca col fuoco della pandemia deve sapere che può scottarsi: se c’è un divieto è come di fronte al semaforo rosso. Si rispetta, non è un suggerimento.
graldi@hotmail.com
Il Messaggero