Commonwealth e Scozia: le nuove sfide

Commonwealth e Scozia: le nuove sfide
Si è parlato molto – e si continuerà a parlare, giustamente – di quale sovrano è stata Elisabetta II: settant’anni di regno (una...

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Si è parlato molto – e si continuerà a parlare, giustamente – di quale sovrano è stata Elisabetta II: settant’anni di regno (una longevità seconda solo a quella di Luigi XIV, che però divenne re quando era un bambino) a cavallo di due secoli che le hanno permesso di diventare un punto di riferimento non solo per il Regno Unito ma anche per il mondo intero. Un simbolo del Novecento che ha accompagnato e scandito la vita di tutti: non solo i monarchici (ormai in netta minoranza al di fuori della Gran Bretagna), ma anche i repubblicani che hanno comunque riconosciuto nella regina un Capo di Stato misurato e sobrio, capace di incarnare fino all’ultimo giorno di vita il senso di dovere e di responsabilità che ogni degno rappresentante delle istituzioni dovrebbe dimostrare.


Bisognerebbe però cominciare a riflettere su come sarà il regno di Carlo III, per tutta la vita “principe” e che si trova oggi in un ruolo che forse – almeno fino a poco tempo fa – non avrebbe mai pensato di raggiungere. Il primogenito di Elisabetta diventa Re in un’epoca profondamente diversa rispetto a quella in cui la madre salì al trono: un mondo dove gli “orpelli” e le tradizioni monarchiche possono sembrare stonate e fuori tempo, e dove la casa reale deve dunque trovare nuovi modi per parlare ad una popolazione più giovane e ad un mondo che non è più quello dell’impero britannico, ma dove al contrario la Gran Bretagna (auto-isolatasi con la Brexit) rischia di finire alla deriva per le serissime difficoltà economiche che sta affrontando.


È indubbio che Carlo sia una persona profondamente interessata alle grandi sfide del futuro: su tutte il cambiamento climatico, che il nuovo sovrano di Inghilterra percepisce in tutta la sua urgenza. Da anni, infatti, l’ex erede al trono si occupa di agricoltura e moda sostenibile, e recentemente si è impegnato in prima persona per sostenere la presidenza britannica di COP26, la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che l’anno scorso a Glasgow ha vissuto un appuntamento cruciale. Secondo le stesse parole di Carlo, «non c’è problema più urgente della salute futura del nostro pianeta e delle persone che lo abitano. La sua salute odierna determinerà la salute, la felicità e la prosperità economica delle generazioni a venire. Questo deve essere sicuramente il nostro obiettivo». Parole estremamente chiare e che fanno capire come il nuovo Re sia un uomo calato nella realtà di oggi.


Carlo dovrà anche fare i conti con l’eredità di quello che fu l’impero britannico, ovvero l’odierno Commonwealth: un gruppo di 56 Stati indipendenti che tuttavia riconoscono ancora il monarca di Londra come Capo di Stato ufficiale. Ciò che può sembrare un anacronismo, nei fatti consente al Regno Unito di mantenere rapporti privilegiati con Paesi importantissimi come Canada e Australia, peraltro funzionali alla strategia della “Global Britain” lanciata dai governi conservatori dopo Brexit. Il nuovo Re sarà in grado di interpretare al meglio questo ruolo, conservando e rafforzando i legami che uniscono la Gran Bretagna a questi Paesi?


Ma non ci sono solo le grandi questioni globali nel lavoro che un sovrano deve fare: per quanto moderno, deve garantire l’unità nazionale. Una questione da non considerare scontata in un Paese come il Regno Unito, afflitto da spinte centrifughe a partire dalla Scozia, la regione più filo-europea che non ha digerito Brexit e che promette nuovamente battaglia per ottenere un altro referendum sulla permanenza (o meno) in Gran Bretagna. Ovviamente non è prerogativa del re occuparsi di questioni di politica interna (non dimentichiamoci che le funzioni del Capo di Stato in Regno Unito sono poco più che simboliche e i poteri praticamente nulli), ma in quanto simbolo dell’unità nazionale spetterà a Carlo mostrarsi vicino a tutte le “devolved administrations”: Scozia, Galles e anche la sempre delicata Irlanda del Nord.


Infine, una considerazione sui rapporti con l’Italia. Le relazioni bilaterali potranno essere avvantaggiate dalle numerose amicizie personali che Carlo annovera nel nostro Paese con molti uomini e donne italiani nel mondo della cultura e della imprenditoria, a testimonianza del suo grande amore per il “Bel Paese”. Anche Re Carlo, dietro il mitico aplomb british ha un cuore passionale che lo avvicina a noi. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero