La Carta obsoleta/Quali norme per evitare i balletti della politica

La Carta obsoleta/Quali norme per evitare i balletti della politica
La crisi che minaccia di travolgere governo e parlamento, economia e finanze, equilibri interni e credibilità internazionale, ha molti padri ma una madre sola. I padri sono...

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La crisi che minaccia di travolgere governo e parlamento, economia e finanze, equilibri interni e credibilità internazionale, ha molti padri ma una madre sola. I padri sono noti, ed essenzialmente di origine pentastellata: un veggente estatico che ha illuso gli adepti di poter sostituire la politica con la teatralità vagabonda; un avvocato di suscettibilità ombrosa, che non ha mai perdonato a Draghi di averne corretto le cantonate; una piattaforma di iscritti ispirati alla “volonté générale” di rousseauiana memoria, poi rivelatasi un’interpretazione scadente di dottrine obsolete. Insomma un cocktail mal combinato dai maestri che poi è evaporato nelle mani dei discepoli.

A queste si possono aggiungere altre paternità promiscue: la caduta di consensi delle due formazioni originariamente alleatesi dopo le elezioni del 2018, e l’ansia di risalir la china con provvedimenti demagogici di finanza allegra; le visioni difformi sulla politica estera, in particolare sulla guerra di Putin, e su quella interna, vedasi l’immigrazione. E potremmo continuare con le mille altre diffidenze reciproche coronate dalle illusioni che il Primo Ministro, ritenuto malleabile come tutti gli altri politici, potesse essere indotto a cambiar programmi con la sola minaccia di una non-fiducia.

Un espediente meschino cui Draghi ha risposto, com’era prevedibile, con il magistero arcigno di poche battute significative. Non sappiamo cosa accadrà mercoledì: ma c’è il rischio che nemmeno le più autorevoli e accorate insistenze lo facciano recedere da un proposito così solennemente manifestato. Nemmeno sappiamo se sia peggio un governo balneare, minato dalla grossolana combinazione dell’interesse per il voto futuro e del risentimento per le liti passate, o un ricorso alle urne senza un programma definito dei partiti e delle loro eventuali coalizioni. E poiché al peggio non c’è limite, possiamo anche immaginarci una confusione generalizzata che induca il cittadino, per sgomenta rassegnazione, alla diserzione elettorale. 


Ma come è stato possibile arrivare a questa irreversibile patologia della politica? E’ stato possibile perché tutto è avvenuto nella più perfetta legittimità costituzionale, ed anzi in ossequio ai precetti della nostra Costituzione. Ed è proprio Lei l’unica madre che ha assecondato questo concorso di paternità, legittimandone i frutti avvelenati. Perché la nostra Costituzione è obsoleta e incompatibile con il radicale mutamento delle condizioni in cui, nel 1948, era stata concepita. E’ infatti cambiata la matrice delle due ideologie che l’avevano ispirata: quella cattolica, secolarizzatasi nell’agnosticismo, e quella marxista, dissoltasi in evanescenti rivoli di dissensi antimodernisti. Ed è cambiata la situazione politica, perché nel ‘48 esistevano partiti chiari nei rispettivi programmi, determinati nel loro perseguimento, solidi nelle strutture, e rigorosi nella selezione dei loro reggitori.

Tutto questo oggi è irrimediabilmente perento. E quest’ultima legislatura ne è stata la prova più rivelatrice e deplorevole. 


Non si era infatti mai visto, nemmeno nel più variopinto catalogo delle alchimie correntizie, quanto è accaduto nella successione del governo Conte 1 e Conte 2. Quando l’ineffabile avvocato del popolo fu proclamato erede di sé stesso, con programmi e alleati diametralmente opposti a quelli con cui fino ad allora aveva governato, scrivemmo su queste pagine che si stava realizzando la dialettica hegeliana in cui, lo Spirito (tesi) oppone se stesso a se stesso (antitesi) per arrivare alla finale autocognizione attraverso la sintesi. Sintesi che con il Conte 3 ci è stata risparmiata, ma in cui incredibilmente persino il Pd, di tradizione quantomeno seria, aveva provato a cacciare questo sfortunato Paese.

Ebbene, nessuno, o quasi nessuno, allora denunciò questo macabro valzer di alterni ballerini, come se fosse normale che un leader fosse buono per tutte le alleanze e tutte le stagioni. Ed invece normale non lo era affatto, e qualsiasi persona ragionevole ne sarebbe rimasta inorridita, perché alla fine ne sarebbe derivata un’implosione del sistema, corroso e corrotto da tanta illogicità e dissennatezza. La situazione fu, provvisoriamente risolta da Draghi e da Mattarella, ma l’esplosione del bubbone era solo rinviata. Ora è avvenuta, nelle circostanze interne e internazionali più funeste possibili.


Ma perché nessuno ha reagito a quella follia che non aveva uguali, ripetiamo, nella storia delle democrazie? Per la semplice ragione che la nostra Costituzione lo consentiva, e per certi aspetti addirittura la imponeva: se in Parlamento si trova una maggioranza per quanto sgangherata, un governo si può e si deve fare. Il piccolo particolare è questo: che i nostri padri costituenti, che si chiamavano Saragat, Terracini, Togliatti, De Gasperi ecc non avrebbero mai immaginato che saremmo finiti nelle mani di un menestrello errante e di una legione di dilettanti sprovvisti dei requisiti minimi per l’amministrazione di un condominio. 


Che fare allora? Occorre un’assemblea costituente che disciplini la dialettica politica in termini nuovi, adeguati alle circostanze attuali ma al contempo garanti di una ragionevole stabilità governativa e della corrispondenza tra i programmi offerti agli elettori e quelli attuati da chi ne ha ricevuto la fiducia: una corrispondenza che sia leale e reale. Naturalmente non si tratta solo di questo: a cominciare dalla giustizia, dove la Costituzione si è dimostrata incompatibile con i codici penali, fino alla disciplina delle autonomie regionali, oggetto di una disparità di trattamento oggi ingiustificata. Ma ripetiamo, è l’intera impalcatura costituzionale a dover essere modificata. Il resto verrà da sé. L’intendenza, come diceva Napoleone, seguirà.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero