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L’attacco dell’Iran in territorio israeliano segna un inedito storico nello scontro fra le due principali potenze del Medio Oriente. Le regole di ingaggio fra la Repubblica Islamica e lo Stato ebraico sono state innalzate a un livello mai sperimentato prima, tanto che Teheran ha parlato di una “nuova equazione” aperta nel confronto col nemico strategico israeliano. La scelta e il carattere circoscritto della rappresaglia decisa da Teheran segnalano almeno tre rilievi sullo status del conflitto di potere più importante della regione. Primo: Iran e Israele hanno perso il potere di deterrenza. Secondo: ristabilirlo è l’ossessione e la calamita che attrae le due principali potenze della regione l’una contro l’altra, in una spirale potenzialmente incontrollabile. Terzo: nessuno dei due protagonisti, degli alleati e dei paesi vicini coinvolti vuole una guerra diretta.
La distruzione di un edificio del complesso diplomatico iraniano a Damasco del primo aprile scorso con l’uccisione di Mohammad Reza Zahedi – comandante della Forza al-Quds (l’élite del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche) e più alto funzionario militare iraniano ad essere ammazzato dopo l’assassinio nel gennaio 2020 a Baghdad del generale Qassem Suleimani ad opera statunitense – ha costretto l’Iran in una posizione complicata.
La palla quindi ora passa a Israele, anche lui alle prese con un’evidente crisi della propria capacità deterrente dopo l’attacco terroristico di Hamas. Con o senza Netanyahu, infatti, l’establishment governativo, militare e di intelligence israeliano considera il 7 ottobre come l’evento acceleratore di un progetto più ampio volto a emancipare lo Stato Ebraico dallo status di emergenza permanente in cui è nato nel 1948. In altri termini, è l’opportunità di rimettere ordine in Medio Oriente, scoraggiando i principali nemici della regione, a partire dall’Iran e dai suoi proxies, dal generare nuove minacce alla sua esistenza, anche con attacchi preventivi. Con questo spirito, Tel Aviv ha già chiarito che una forma di ritorsione ci sarà. Il futuro degli equilibri mediorientali dipenderà dalla sua portata. Il gabinetto di guerra israeliano può decidere di continuare ad attaccare obiettivi iraniani nella regione, restando al di fuori del territorio iraniano. O può orchestrare un attacco proporzionato contro obiettivi militari in territorio iraniano. Quel che sembra inverosimile è che decida di mettere in atto un casus belli attaccando, ad esempio, i programmi di armamento nucleare iraniani o una serie di obiettivi militari e politici in Iran. Forse l’unica linea rossa che sancirebbe una vera rottura dell’alleanza strategica fra Stati Uniti e Israele. Il diritto a esistere dello Stato ebraico è garantito dalla protezione militare americana ed è improbabile che gli americani vogliano scortare Israele verso l’autodistruzione.
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