Perché la nostra democrazia non teme gli estremismi

Perché la nostra democrazia non teme gli estremismi
Il dibattito sulla vicenda di Acca Larentia non avrebbe richiesto troppo tempo per chiarirne connotati e responsabilità, ma considerato il suo protrarsi è opportuno...

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Il dibattito sulla vicenda di Acca Larentia non avrebbe richiesto troppo tempo per chiarirne connotati e responsabilità, ma considerato il suo protrarsi è opportuno commentare alcuni aspetti. Prima di tutto si tratta di una vicenda che sembra alimentare più polemiche che preoccupazioni.

Infatti, partendo dalle evidenze, a emergere sono due dati sostanziali: il primo ci ricorda che gli omicidi dei ragazzi al Fronte della gioventù cui sono dedicate le commemorazioni restano ancora senza colpevoli dal lontano 1978. Il secondo riguarda un gruppo di circa duecento persone che onorano la memoria di queste vittime con modalità “nostalgiche”, ampiamente condannate.

E qui introduciamo l’elemento di discussione centrale. Partiamo da una premessa che parrebbe scontata, ma le cronache attuali ne rivelano tutta la necessità. La nostra è una Repubblica, attiva e “convinta”, dal 1946. Una Repubblica che ha attraversato momenti storici estremamente difficili, a livello interno e internazionale, che a tratti hanno anche rischiato di minare i suoi radicati principi democratici. Attenzione, principi minacciati, ma mai realmente scalfiti.

Dunque la prima ragione che non desta preoccupazione rispetto alla nostra “tenuta democratica” è, in estrema sintesi, storica. La nostra democrazia ha saputo resistere, e rispondere, a ripetute crisi economiche, a piani sovversivi, ai difficili anni del terrorismo brigatista che, in questi giorni, le cronache hanno fatto tornare attuali rispetto alle vicende dell’omicidio Moro. La nostra democrazia ha affrontato e superato, con lacerazione umana, anche un momento tragico di questa portata. La nostra democrazia ha risposto alle aggressioni della mafia, che esiste ancora come fenomeno grazie alla sua capacità di trovare interlocuzioni e spazi per sopravvivere, ma non avere la meglio.

La nostra Repubblica ha resistito, e resiste, anche davanti all’aggressività di poteri “occulti” che nel corso della nostra storia, spesso con intenzioni chiare e manifeste, hanno dimostrato di remare contro i nostri principi democratici. Bene, una Repubblica capace di affrontare e superare, rafforzandosi, tutte queste sfide nel corso della sua storia potrà mai essere minacciata da duecento fanatici?

La risposta è scontata ed è diretta conseguenza delle precedenti considerazioni. Il nostro Paese, i partiti presenti in Parlamento, hanno ampiamente fatto i “conti con la storia”: le loro diversità politiche non riguardano il minimo comun denominatore rappresentato da un dna, una cultura e un’“anagrafica” convintamente democratici. Forse restano solo “falce e martello” come simboli da superare, considerati i tristi precedenti storici che rievocano. Ma sulla fede democratica della assoluta maggioranza di noi italiani, dei nostri partiti, delle nostre istituzioni, non scherziamo.

Compreso un governo di centrodestra, senza trattino direbbe Francesco Cossiga, che nulla ha che vedere con certe manifestazioni dai connotati estremisti. Anzi rappresenta un importante baluardo nei confronti di esse e un riferimento politico europeo, globale e moderno. Per questo possiamo ribadire che, sì, è assolutamente necessario condannare e non far passare sotto traccia certi rituali e gestualità dall’amaro sapore nostalgico. Ma allo stesso tempo dobbiamo ricordare che la base sociale della nostra civiltà democratica è più solida e ampia di certe cerchie, di certe “tribù”, che non rappresentano in alcun modo una società civile, moderna e democratica come la nostra.
Ne è prova tanto risposta sociale nei confronti di queste manifestazioni quanto la risposta delle nostre istituzioni, di cui è espressione concreta il lavoro delle forze di polizia per perseguire gli estremisti di Acca Larentia, ad oggi già individuati in centocinquanta. Un’azione che, dunque, non ha valore “simbolico” e che, possiamo aggiungere, proseguirà per garantire il nostro equilibrio sociale e il rispetto per un tricolore, oggi incontrovertibilmente simbolo di una Repubblica convinta.

Sostenere il contrario, tirare in ballo istituzioni e Governo con la richiesta di “chiarimenti” o di riaffermare i principi democratici, sarebbe come chiedere al cielo di dichiararsi azzurro.

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Il Messaggero