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La digitalizzazione ha un ruolo decisivo per favorire la crescita economica e sociale nel periodo post pandemico, ma molti Paesi, tra i quali l'Italia, non possiedono le infrastrutture necessarie a garantire la connessione in modo omogeneo alle famiglie e alle imprese. E' quanto emerge dalle evidenze preliminari dello studio "Il settore Telco in Italia: assetto normativo e analisi di impatto", realizzato dalla Luiss Business School di Roma in collaborazione con Windtre, azienda guidata da Jeffrey Hedberg.
Il nostro Paese - sottolinea il report - resta in coda nella classifica europea per i servizi ultra broadband, ma il ritardo è dovuto anche alla scarsa ricettività del mercato: solo il 61% delle famiglie italiane, infatti, è abbonato a servizi a banda larga. Occorre, pertanto, procedere a una rapida e capillare alfabetizzazione digitale - evidenzia lo studio - per cogliere appieno lo sviluppo delle nuove reti, a partire dal 5G, sulla scia di una fattiva collaborazione pubblico-privato, grazie a interventi da parte delle istituzioni, quali la semplificazione burocratica per la realizzazione delle infrastrutture e le riforme relative ai limiti elettromagnetici, oggi i tra i più bassi in Europa.
Il contesto in cui si colloca il settore delle telco in Italia, del resto, è caratterizzato da ingenti investimenti a fronte di una costante decrescita nei profitti. Dai dati forniti da Agcom e Asstel emerge che i ricavi degli operatori di Tlc siano passati dai quasi 46 miliardi di euro del 2007 a meno di 29 miliardi di euro nel 2020, con una riduzione di circa il 37,5% nel periodo, e di quasi cinque punti nell'ultimo anno. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero