La web tax slitta al 2019. E porta con sé il «tesoretto» di gettito atteso dai parlamentari per introdurre nella legge di bilancio nuove modifiche bisognose di...
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La scomparsa del gettito atteso l'anno prossimo dalla web tax (tra i 100 e i 200 milioni secondo le stime) manderebbe in fumo anche altri progetti, come ad esempio l'innalzamento della soglia di reddito entro la quale i figli sono considerati a carico della famiglia, la proroga del bonus mobili alle giovani coppie, o l'estensione, per quanto parziale, della cedolare secca agli affitti commerciali. La norma sulla web tax, ha spiegato Mucchetti, è stata revisionata per estenderne lo spettro, ma proprio per questo, «perché funzioni e non debba essere modificata dopo pochi mesi», necessiterà di più tempo per essere messa a punto nel dettaglio. La riformulazione estende potenzialmente l'imposta a tutti i tipi di attività, business to business e business to consumer, ma spetterà al Ministero dell'economia, con apposito decreto da emanare entro il 30 aprile 2018, definire nello specifico «le prestazioni di servizi» a cui applicare l'aliquota del 6%.
Il precedente testo «era organizzato solo per il b2b perché le imprese erano chiamate a fare i sostituti d'imposta, funzione che non era attribuibile ai consumatori», ha spiegato. Aver superato questo scoglio, attribuendo ora alle banche il ruolo di sostituti, permette di allargare anche al business to consumer, un universo molto più complesso e sfaccettato, comprensivo dell'e-commerce, in cui non è semplice distinguere la vendita di un servizio da quella di una merce. Nella giornata contro la violenza sulle donne, il Senato ha intanto voluto dare un segnale approvando all'unanimità in Commissione il finanziamento del fondo per gli orfani di femminicidio, con una dotazione di due milioni e mezzo l'anno per il triennio 2018-2020. Una comunione di intenti che si è infranta però sull'emendamento di Ala, riammesso tra i votabili, che, attacca il Movimento 5 Stelle, estende agli immobili non residenziali il maxi-condono edilizio varato da Berlusconi nel 1994. Per i 5S si tratta della «testimonianza del potere che un partito minuscolo è riuscito a ritagliarsi sulle ceneri del Pd». Ma anche per Mdp è «il prezzo da pagare per accontentare la nuova maggioranza. Ci auguriamo - affermano i senatori ex dem - che il Pd non voglia cedere a questo ricatto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero