Manovra, verso stop al superticket sanità. Più fondi per povertà e investimenti

Manovra, verso stop al superticket sanità. Più fondi per povertà e investimenti
Abolizione del superticket applicato da alcune Regioni, aumento degli investimenti pubblici, fondi per la povertà e la non autosufficienza, penalizzazioni per i contratti a...

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Abolizione del superticket applicato da alcune Regioni, aumento degli investimenti pubblici, fondi per la povertà e la non autosufficienza, penalizzazioni per i contratti a termine. Su questi dossier si gioca la trattativa tra governo e maggioranza, ed in particolare Mdp. Una trattativa che lo stesso ministro dell’Economia ha annunciato, in qualche modo formalizzandola, nel corso della sua audizione parlamentare di ieri: l’esito naturalmente non è ancora definito, ma alcune delle «ipotesi di intervento» hanno buone probabilità di essere incluse nella legge di Bilancio.


LA COMPENSAZIONE
Per il gruppo politico nato dalla scissione del Pd la questione del pagamento dovuto dai cittadini in particolare per le visite specialistiche è una delle bandiere più importanti in questa sessione di bilancio. Il governo finora non ha risposto in forma esplicita ma il tema era già al centro del confronto tra ministero della Salute e Regioni, e c’è anche un’ipotesi di copertura finanziaria per la cancellazione della compartecipazione: potrebbe essere compensata con un contributo sui codici verdi al Pronto soccorso. Va ricordato che l’espressione “superticket” non si riferisce all’importo ma piuttosto al fatto che questo prelievo dalle tasche dei cittadini si aggiunge a quelli già previsti dalle varie Regioni. Istituito nel 2007 non era stato applicato fino al 2011 quando lo Stato - in una fase di emergenza sui conti pubblici – aveva smesso di reperire la copertura alternativa pari a 834 milioni. Il funzionamento è differenziato sul territorio nazionale: per lo più vengono richiesti 10 euro a ricetta, ma alcune (poche) Regioni hanno trovato coperture alternative e dunque non chiedono nulla ai cittadini, mentre altre prevedono pagamenti modulati in base al reddito o alla prestazione.

IL MEZZOGIORNO
Il confronto politico è anche su spesa sociale e investimenti. Qui il tema è come irrobustire le misure già previste dall’esecutivo. La tabella portata da Padoan in commissione Bilancio del Senato parla di 600 milioni destinati alla “coesione sociale” nel 2018. In questa voce rientrano sia le risorse aggiuntive per il reddito di inclusione (che comunque per il prossimo anno è già finanziato) sia quelle per la non autosufficienza, che è un nodo delicato di tutte le manovre finanziarie. Discorso simile per gli investimenti, in particolare quelli destinati al Mezzogiorno.

Infine, sempre dal punto di vista di Mdp, un altro fronte da presidiare è quello delle riforme del governo Renzi. Chiaramente l’attuale esecutivo non ha intenzione di smontarle, ma ad esempio sul Jobs Act potrebbe arrivare qualche segnale: come un inasprimento del costo dei contratti a termine, preferiti in questa fase dalle imprese rispetto al quelli a tempo indeterminato: per renderli meno convenienti potrebbe essere aumentato il già previsto contributo aggiuntivo Naspi, oggi pari all’1,4 per cento. Mentre è confermata la volontà - nell’ambito della decontribuzione per i giovani - di definire paletti severi per impedire che le imprese possano approfittare degli incentivi e allo stesso tempo licenziare. Il governo sta poi valutando la possibilità di un ulteriore taglio del costo del lavoro, per la quota a carico del dipendente, che in via prioritaria andrebbe a beneficio degli assunti dal 2015 in poi con il contratto a tutele crescenti: l’effetto sarebbe un aumento del reddito disponibile a fronte delle minori garanzie. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero