Tassi Federal Reserve invariati, Powell: «Non vedo tagli a marzo». Cosa succede ora?

Il presidente della banca centrale Usa prende tempo: le mosse dipenderanno dai dati

Tassi Federal Reserve invariati, Powell: «Non vedo tagli a marzo». Cosa succede ora?
Nessun taglio a marzo, forse un primo ribasso dei tassi a partire da...

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Nessun taglio a marzo, forse un primo ribasso dei tassi a partire da giugno. Sono questi i segnali che arrivano dal primo incontro dell'anno del Federal Open Market Committee: come atteso i governatori hanno deciso di mantenere il costo del denaro invariato, nell'intervallo compreso tra 5,25% e 5,50%, ai massimi degli ultimi 23 anni. Tuttavia la Banca centrale Usa ha deciso di non sbilanciarsi, evitando di dare segnali su quando inizierà il periodo dei tagli, mandando un messaggio contrastante ai mercati che ieri hanno perso quota, con il Dow Jones in rosso di quasi l'1%.

 

I tempi

«Siamo arrivati alla fine del ciclo di rialzi», ha detto il presidente della Fed Jerome Powell, «ma sulla base dell'incontro di oggi, vorrei dirvi che non penso sia probabile che il comitato raggiunga un livello di fiducia entro la riunione di marzo tale da identificare marzo come il momento giusto per fare un taglio. Ma questo è da vedere». Una vittoria a metà visto che uno dei dettagli che Wall Street si attendeva è arrivato: nel comunicato che ha seguito la decisione di non toccare i tassi la Fed ha rimosso le parole che indicavano la volontà di continuare ad aumentare i tassi di interesse fino a quando l'inflazione non sarà sotto controllo e vicina al target del 2%. Ma non basta per tranquillizzare, visto che per ora non ci sono ancora elementi per capire se e quando inizieranno i tanto attesi ribassi che la Banca centrale degli Stati Uniti aveva fatto intendere sarebbero stati tre nel corso dell'anno. Anzi, sembra che le politiche di distensione non siano imminenti, cosa che si scontra con le speranze del mercato che scommetteva sui primi tagli già a marzo.

 

Faro sui prezzi

Nella nuova frase inserita nel comunicato si legge che «il comitato non si aspetta che sarà opportuno ridurre l'intervallo prestabilito finché non avrà acquisito maggiore fiducia che l'inflazione si sta muovendo in modo sostenibile verso il 2%», cosa che allontana la data dell'inizio dei tagli. Ancora una volta la Fed vuole prendere tempo e capire se la lotta all'inflazione causata dalla pandemia e dall'instabilità globale è veramente finita. Questo mentre tutti gli indicatori mostrano la strada da seguire, quella che poi i mercati chiedono da almeno sei mesi, ovvero l'inizio di un periodo di tagli: l'inflazione è scesa notevolmente, passando dai massimi degli ultimi 40 anni - il 9,1% del luglio del 2022 - al 3,4% del mese di dicembre 2023, l'economia continua a crescere e i posti di lavoro sono stabili, cosa che nonostante le politiche della Federal Reserve fa pensare a un atterraggio morbido più che a una possibile recessione. Nella conferenza stampa che ha seguito la pubblicazione del comunicato Powell è stato molto chiaro sul perché di tante precauzioni: «L'inflazione è ancora troppo alta, i progressi nel ridurla non sono garantiti e il percorso da seguire è incerto», ha detto aggiungendo che l'economia ha fatto dei buoni progressi, con l'inflazione in calo rispetto ai massimi senza segnali di aumento della disoccupazione. Tuttavia «c'è ancora del lavoro da fare», ha detto. Powell ha inoltre ripetuto che decideranno quando tagliare a seconda dell'andamento dell'economia. Intanto David Kelly, analista a capo della strategia globale di Jp Morgan Asset Management, non ha dubbi: «Mi sembra che giugno, settembre e dicembre siano ciò che stanno pensando tre tagli dei tassi quest'anno a condizione che l'economia continui a crescere».
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Il Messaggero