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L’immobiliare vale a conti fatti il 30 per cento del prodotto interno lordo italiano, ma le tasse sul mattone hanno raggiunto quota 51 miliardi di euro annui. E con la riforma del catasto, avverte Confedilizia, la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente. Secondo l’organizzazione che rappresenta i proprietari di casa la riforma rischia infatti di aprire la strada a una nuova stangata. Capitolo sfratti: i proprietari privati del loro immobile per due anni, tuona l’associazione, vanno risarciti. «L’occupazione abusiva di una casa è un reato. La legge esiste ma non viene applicata», afferma il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa.
Il rapporto sulla ricchezza immobiliare e il suo ruolo per l’economia italiana curato dall’economista Gualtiero Tamburini e presentato ieri a Roma da Confedilizia e Aspesi presenta numeri allarmanti. Il gettito dei tributi gravanti sul comparto immobiliare è stimabile in circa 51 miliardi di euro l’anno, come detto, così suddivisi: 9 miliardi di euro si riferiscono a tributi reddituali (Irpef, addizionale regionale Irpef, Ires, cedolare secca), 22 miliardi se ne vanno in tributi patrimoniali (Imu), altri 9 miliardi vengono assorbiti invece dai tributi indiretti sui trasferimenti (parliamo di Iva, imposta di bollo, imposte ipotecarie e catastali, imposte sulle successioni e donazioni). E poi: i tributi indiretti sulle locazioni costano ogni anno 1 miliardo di euro (si va dall’imposta di registro all’imposta di bollo), mentre gli altri tributi, come la Tari per esempio, la tassa sui rifiuti, assorbono nel complesso circa 10 miliardi di euro. Per Spaziani Testa, si corre seriamente il pericolo di danneggiare un settore trainante della ripartenza. Spiega il numero uno dell’organizzazione dei proprietari di casa: «Il settore dell’immobiliare e delle costruzioni è fondamentale per l’economia italiana, ma la perdita di valore che si è registrata nel periodo 2011-2020 è notevole e desta allarme: è stimata in 1.137 miliardi di euro per le famiglie italiane».
A fronte di una produzione diretta complessiva di 424,121 miliardi di euro nel 2020, il comparto delle costruzioni e quello dell’immobiliare hanno generato assieme, sull’intera economia, un impatto diretto e indiretto complessivo di 708,936 miliardi di euro di produzione, ai quali si possono aggiungere altri 211,083 miliardi di euro di indotto, per un ammontare finale di produzione di 920 miliardi di euro. Questi i numeri contenuti nel rapporto sulla ricchezza immobiliare presentato da Confedilizia e Aspesi.
Più nel dettaglio, le branche costruzioni e immobiliare costituiscono il 30,2 per cento del valore di tutto il Pil italiano ai prezzi base e abbracciano il 29,7 per cento degli occupati.
Il valore aggiunto
Un dato negativo che incide sia sul valore aggiunto, per via del minor reddito locativo che gli immobili producono, sia sulla minore propensione al consumo delle famiglie, ricorda l’indagine presentata ieri a Roma. «L’aumento della tassazione ci preoccupa. L’Imu è il punto più dolente della situazione. Secondo noi le soluzioni da attuare affinché questo virtuosismo del settore che rappresentiamo sia valorizzato sono: riduzione della fiscalità, vincoli alla contrattazione, tutela dei locatori. Per i locali commerciali, in crisi per il Covid, torno a dire che da un lato serve snellire le regole sulla contrattazione e dall’altro ridurre la tassazione», ha aggiunto Spaziani Testa. Inoltre, poiché il patrimonio immobiliare di ogni tipo costituisce l’infrastruttura fisica che ospita le attività delle famiglie e delle imprese, se questo non viene continuamente gestito, rinnovato e mantenuto, le conseguenze si vedono poi in termini di minore produttività e benessere generale, sottolinea sempre Confedilizia. Come se ne esce? «Bisogna a tutti i costi rilanciare l’investimento immobiliare e in particolare quello delle famiglie dato che, storicamente, i tre quarti degli investimenti in costruzioni sono effettuati da privati, la maggioranza dei quali direttamente dalle famiglie», suggerisce il rapporto curato dall’economista Gualtiero Tamburini, «questo non può che avvenire restituendo alle stesse famiglie la fiducia così che esse possano essere indotte a tornare ad investire in immobili l’ingente liquidità accumulata anche durante la fase pandemica».
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Il Messaggero