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Mentre il governo, dopo la decisione dell’Istat di ieri, si prepara a modificare il decreto “blocca-bonus”, si apre un nuovo spiraglio per l’acquisto dei 19 miliardi di crediti incagliati delle imprese edili. E intanto si lavora ad una norma d’emergenza per “salvare” tutti i crediti maturati nel 2022 e negli anni precedenti le cui cessioni devono essere comunicate al Fisco entro il 31 marzo prossimo e che rischiano di andare perse. Partiamo proprio da qui.
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Ci sono stati una serie di incontri tra il vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo, il Ragioniere generale dello Stato, Biagio Mazzotta, il relatore del provvedimento alla Camera, Andrea De Bertoldi, e i vertici dell’Agenzia delle Entrate, per trovare una soluzione ed evitare che i crediti nei cassetti fiscali possano decadere. Una soluzione sarebbe stata trovata attraverso una modifica delle modalità operative, senza arrivare a una proroga vera e propria dei termini. Si sta ragionando ora sullo strumento da utilizzare per introdurre la novità. Intanto il direttore generale di Confindustria, Francesca Mariotti, ascoltata ieri in audizione alla Camera, ha spiegato che «il settore manifatturiero» rappresentato dall’associazione «dà ampia disponibilità a fare la propria parte, tramite piattaforme affidabili e certificate, nelle operazioni di acquisto di crediti delle imprese fornitrici prive di adeguata capienza fiscale».
Le grandi imprese aderenti a Confindustria, insomma, sarebbero pronte a rilevare parte dei 19 miliardi di crediti vantati dalle aziende edili in modo da far ripartire i cantieri.
LA REAZIONE
«Il governo», ha spiegato ieri il ministero dell’Economia tramite una nota, «con trasparenza, coerenza e responsabilità è impegnato ad assicurare un’uscita sostenibile da misure non replicabili nelle medesime forme. La correzione delle norme sui bonus edilizi», ha aggiunto la nota, «è stato l’indispensabile presupposto a tutela dei conti pubblici per il 2023, invertendo una tendenza negativa certificata oggi dall’Istat». Dal Tesoro è arrivata anche una stoccata. «Il governo», scrive il Mef, «è al lavoro «per risolvere il grave problema di liquidità finanziaria delle imprese ereditato da imprudenti misure di cessione del credito non adeguatamente valutate al momento della loro introduzione». Il Tesoro, insomma, apre a una soluzione per i 19 miliardi incagliati, ma lascia pochi spazi per nuovi sconti in fattura nel 2023. Le modifiche al decreto saranno limitate a pochi casi, come gli incapienti, gli Iacp, le onlus e l’edilizia libera.
Il Messaggero