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Statali, la parolina magica è «progressioni verticali». La traduzione è carriere facili. O quantomeno più facili che nel passato. Per i dipendenti pubblici quella del 2023 si sta rivelando un’estate d’oro. Merito, o colpa potrebbe sostenere qualcuno, dell’ultimo contratto sul pubblico impiego firmato dai sindacati e dall’Aran, l’Agenzia che per il governo negozia il rinnovo degli accordi. Una delle novità del contratto è l’introduzione di nuove famiglie professionali che sostituiscono le vecchie aree nelle quali era inquadrato il personale.
E per chiudere le trattative e mettere la loro firma in calce all’accordo, i sindacati hanno ottenuto che fosse inserita una norma che fino al 2025 permettesse i passaggi dall’area inferiore a quella superiore per i dipendenti in deroga al titolo di studio. Che significa? Che se un assistente, per esempio un impiegato che lavora allo sportello, vuole diventare funzionario, fino al 2025 può partecipare al bando anche con il semplice diploma se ha maturato almeno 10 anni di servizio. Ma la domanda è anche un’altra. Che succede se a quello stesso bando partecipa un assistente che ha anche una laurea o persino un master? La risposta a questa domanda sta tutta nei bandi che le amministrazioni stanno pubblicando da qualche mese a questa parte per permettere questi scatti di carriera.
IL MECCANISMO
Prendiamo il bando di un ministero rigoroso come quello dell’Economia, che ha aperto 597 posti da funzionario per gli attuali assistenti.
LA RICOGNIZIONE
Diverse Asl in giro per l’Italia hanno addirittura pensato a dei meccanismi semi automatici: hanno avviato una ricognizione per vedere quanti vogliono fare carriera e verificare se ci sono le risorse per far crescere tutti. Il 24 agosto scorso si è concluso il maxi bando per oltre 2 mila progressioni verticali decise dal Comune di Roma, la maggior parte delle quali per passare proprio all’area dei funzionari, la più ambita e per la quale, in condizioni normali, servirebbe avere una laurea. I dipendenti capitolini che si sono candidati allo “scatto” hanno superato i seimila. C’è da capirlo. Sarà difficile che in futuro qualcuno si possa riaprire una finestra di opportunità come quella attuale, poter diventare funzionari senza la laurea. Resta il fatto che quella italiana è una pubblica amministrazione dove l’età media è ormai di 50 anni e dove soltanto un dipendente su tre ha completato l’Università. E le progressioni senza titolo non sono forse la via maestra per attrarre talenti nei ranghi delle amministrazioni.
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Il Messaggero