Stare a casa ma essere considerati al lavoro. Senza nemmeno perdere il salario accessorio o i premi. Per oltre 560 mila statali questa è stata la regola fino all'inizio...
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Reddito di cittadinanza a Roma, flop in Campidoglio: solo mille lavoratori utili
Uscieri, maestre d'asilo, impiegati allo sportello, insomma, per mesi hanno potuto non presentarsi al lavoro, rimanendo a casa, ma percependo normalmente la loro retribuzione, parte accessoria compresa (tranne i buoni pasto sui quali invece i sindacati hanno aperto una battaglia), come previsto dall'articolo 87 del decreto Cura Italia, con cui si è stabilito che «il periodo di esenzione dal servizio costituisce servizio prestato a tutti gli effetti» fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica. Dunque il periodo di riposo forzato non andrà a incidere nemmeno sulla valutazione. I numeri dei dipendenti pubblici esonerati dal servizio sono contenuti in un'indagine del ministero e, secondo quanto appreso dal Messaggero, il livello medio in tutta la Pa sarebbe del 18%. Che su un totale di 3,2 milioni di dipendenti, fa appunto oltre 560 mila persone. Non sono poche.
La ministra Dadone: «Nuovi concorsi per portare nella Pa i talenti del Sud»
Smart working, nella Pubblica amministrazione aumentano le pratiche-lumaca
La buona notizia è che con la conversione in legge del decreto Rilancio e la pubblicazione, risalente al 24 luglio, della circolare n. 3/2020 a firma della ministra Fabiana Dadone, si è aperta una nuova fase del lavoro agile nel settore pubblico. Il decreto Rilancio infatti richiede alle amministrazioni di adeguare la propria operatività alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali: fino al 31 dicembre 2020 il lavoro agile nella Pa verrà applicato al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in modalità smartabile. Dal 15 settembre cesserà inoltre di avere effetto la disposizione che limita la presenza del personale per assicurare esclusivamente le attività indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro. Calerà così il sipario sullo smart working emergenziale. Risultato? Oggi lavorano da remoto circa sette dipendenti pubblici su dieci, ovvero due milioni di statali, ma la metà di questi sta per tornare in ufficio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero