Statali, uno su dieci usufruisce dei permessi della legge 104

Statali, uno su dieci usufruisce dei permessi della legge 104
Oltre 6,2 milioni di giornate di lavoro. Più di 316 mila dipendenti pubblici hanno usufruito dei permessi della legge 104, quella che permette di assentari dal lavoro per...

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Oltre 6,2 milioni di giornate di lavoro. Più di 316 mila dipendenti pubblici hanno usufruito dei permessi della legge 104, quella che permette di assentari dal lavoro per assistere familiari disabili. In pratica uno statale su dieci ha sfruttato i benefici della norma. Delle 6,2 milioni di giornate di permesso utilizzate, ben 5,8 milioni sono servite ad assistere familiari. Solo 400 mila giornate sono state perse perché il disabile che necessitava del permesso era il lavoratore stesso.




I dati, relativi al 2013, quando i dipendenti pubblici erano ancora circa 3,2 milioni, sono stati resi noti dal ministero della Funzione Pubblica. Per adesso le cifre sono quelle basate sulle informazioni fornite dalle amministrazioni che hanno aderito alla rilevazione, il 64% del totale degli enti iscritti al sistema per il monitoraggio. Una rilevazione che alle spalle ha una banca dati, nata a fine 2010 per finalità di controllo sul «legittimo utilizzo» dei permessi, anche per «evitare abusi», «indirizzare i benefici direttamente sui disabili» e «semplificare» il rapporto con la Pubblica Amministrazione.



L'oggetto della rilevazione sono, appunto, i permessi mensili consentiti dalla legge 104 del 1992, che prevede, sia nel pubblico sia nel privato, fino a tre giorni di assenza giustificata. Può assentarsi dal lavoro, oltre al lavoratore con disabilità grave, che non perde nulla in termini di stipendio, anche il dipendente che assiste un parente malato,

che può essere il marito, la moglie, il figlio, il genitore, ma anche il fratello, la sorella, il nonno o il nipote (si arriva fino al secondo grado di parentela). Il diritto ai permessi si può allargare al terzo grado, inclusi quindi gli zii, solo quando i genitori o il coniuge del malato abbiano più di sessantacinque anni o siano a loro volta invalidi o ancora non più in vita. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero