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Caccia ai fondi per la proroga dello smart working riservato ai lavoratori fragili e ai genitori di figli fino a 14 anni di età. L’estensione della misura, data per certa fino a pochi giorni fa, non era nel testo del decreto Aiuti approvato giovedì scorso dal governo. E salvo sorprese dell’ultimo minuto, non dovrebbe entrare nemmeno nella versione definitiva attesa in Gazzetta ufficiale nelle prossime ore. Il ministro Orlando, fautore della norma, ha spiegato che sul punto «non si è trovato il necessario consenso» e ha di fatto rinviato la partita alla conversione in legge del decreto, prevista per l’inizio di settembre, a ridosso della giornata elettorale.
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INCERTEZZA
Di fatto si apre un periodo di incertezza per gli interessati, che fino a pochi giorni fa avevano diritto a questa modalità lavorativa e ora restano in sospeso nonostante il forte pressing parlamentare per un nuovo intervento. E intanto si avvicina un’altra scadenza, quella del 31 agosto, con la quale termina l’attuale modalità semplificata per l’assegnazione dello smart working ai dipendenti: dal primo settembre la modalità di lavoro agile potrà essere definita solo in base a un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore.
Il nodo per i fragili, come accennato, è quello delle risorse finanziarie. Già in passato la Ragioneria generale dello Stato ha fatto presente che si tratta di una norma onerosa. Perché in realtà comprende varie eventualità: accanto alla possibilità del lavoro agile - anche per i genitori di ragazzi fino a 14 anni a condizione che entrambi lavorino - per alcune categorie ben determinate di “fragili” (previo accertamento della patologie) scatta la possibilità di assentarsi con equiparazione al ricovero ospedaliero se la modalità smart non è possibile. I costi in questo caso sono a carico dell’Inps e non del datore di lavoro: di qui la necessità di trovare un’adeguata copertura che potrebbe arrivare durante l’esame parlamentare. Si tratterà comunque di un percorso rapido: a parte questa eventuale modifica e poche altre concordate con il governo non ci sarà spazio per gli emendamenti dei vari partiti, che in quella fase saranno in piena campagna elettorale.
SEMPLIFICAZIONI
Se la norma che assicura il diritto allo smart working è scaduta, resta naturalmente la possibilità per il datore di lavoro di concederlo ugualmente alla generalità dei lavoratori, situazione che normalmente non comporta costi particolari.
In realtà non si tratterà proprio di un ritorno al passato. Infatti con il recente decreto semplificazioni sono entrate in vigore nuove modalità che permettono all’azienda di comunicare in modo più rapido le intese raggiunte con i dipendenti, che quindi non dovranno essere inviate una per una. Quella che certamente viene meno è la modalità emergenziale in cui era possibile far restare i lavoratori a casa indipendentemente da una loro scelta in tal senso.
Va ricordato che queste regole valgono per il mondo del lavoro privato, mentre per i dipendenti pubblici il ricorso allo smart working - che sta facendo il suo ingresso nei contratti - è rimesso per ora alla discrezione di dirigenti, con un margine di flessibilità che salvaguardi il principio ribadito più volte dal ministro Brunetta per cui la modalità normale di lavoro è quella in presenza.
IL PROTOCOLLO
Proprio per il lavoro privato lo scorso dicembre governo e parti sociali avevano definito un protocollo che fissava un nuovo quadro per la contrattazione. Tra i punti fondamentali appunto l’adesione volontaria degli interessati, da formalizzare tramite un accordo scritto. Nell’intesa devono essere definiti la durata, l’alternanza della presenze tra sede di lavoro e luoghi esterni, gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e l’attività formativa. È previsto specificamente il diritto ad una fascia oraria di disconnessione durante la quale non viene erogata la prestazione lavorativa. La strumentazione tecnologica necessaria deve essere normalmente fornita dal datore di lavoro, salvo intesa diversa tra le parti: in ogni caso è necessario che siano stabiliti criteri e requisiti minimi di sicurezza. Il luogo di lavoro non deve essere necessariamente il domicilio del dipendente.
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Il Messaggero