ROMA Gli analisti lo dicono da settimane, anzi da mesi. La vittoria del fronte del No al referendum costituzionale rischia di franare sulla fiducia degli investitori, sul sistema...
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Insomma, è ovvio l'assioma riforme-Pil su, niente riforme-spread su(ieri a quota 182). Ma «il compito di chi sostiene la campagna per il Sì è riempire di motivazioni le ragioni del Sì». Si tratta di giocare al meglio, «la grande occasione per il cambio». La vede così Renzi. Ma «se la giochiamo evocando le paure non andiamo da nessuna parte». Giusto per restituire e confinare gli scenari più preoccupanti alla pagina 28 del rapporto sulla Stabilità Finanziaria di Bankitalia. Che «fa il suo mestiere», certo, sottolinea il premier, «un mestiere diverso dal nostro», puntualizza Renzi.
Per il resto, anche se «è evidente l'attesa per il referendum, non interferiamo», insiste il premier, «con le scelte degli azionisti e sui mercati e non risolviamo i problemi di una singola banca (Mps, ndr)». Piuttosto, «ci occupiamo di difendere i correntisti. Nessuno perderà un centesimo del proprio conto corrente». Intanto, però, turbolenze o no, il referendum è «una partita totalmente aperta visto il grande numero di indecisi». Il premier è convinto che con un'affluenza al 60 per cento «si vince con 15 milioni di consensi» da cercare ad uno ad uno tra chi non ha ancora deciso. Nel frattempo, altro che sondaggi, scherza Renzi: «Nel 2016 i sondaggi non hanno azzeccato uno solo dei risultati delle competizioni elettorali, non è che devono iniziare questa volta». Se poi vince il No, «lo scopriremo solo vivendo, cosa succederà». Ma di sicuro, «verificheremo la situazione politica».
I PERICOLI
Per chi come Bankitalia, come dice Renzi, fa il suo mestiere, non c'è solo da registrare l'impennata del termometro della volatilità italiana a cavallo con il referendum, non c'è insomma solo la domanda elevata di protezione dall'incertezza avanzata dagli investitori. Per Via Nazionale un'altra «fonte di incertezza» sulle banche, e quindi sui mercati, sono le «importanti iniziative regolamentari internazionali in corso di completamento, come la riforma sui requisiti prudenziali (Basilea 3 e 4), l'introduzione di quelli necessari per assorbire le perdite in caso di risoluzione (Mrel) e l'entrata in vigore nel 2018 del nuovo standard contabile sulla valutazione degli strumenti finanziari (Ifrs 9)». Segno che c'è una certa preoccupazione per i nuovi paletti in arrivo sul patrimonio delle banche, seppure ancora in via di definizione.
La Banca d'Italia insiste nel chiedere dunque cautela ai regolatori internazionali. Lo fa da tempo. Perché si tenga conto «oltre che dei benefici attesi di lungo termine, dei loro costi di breve periodo». Come dire, che i danni sulla crescita, nel breve periodo appunto, non devono finire per essere superiori alle esigenze di protezione da rischi futuri. E ancora sul Mrel, servono «robuste analisi di impatto»: non una banalità visti i risultati degli ultimi interventi dei regolatori internazionali, a partire dall'Autorità bancaria europea (Eba).
Incertezza a parte, una buona notizia c'è nell'ultimo Rapporto sulla Stabilità finanziaria: ci sono importanti segnali di miglioramento sui crediti deteriorati.
Il Messaggero