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Inserire nel proprio nucleo familiare anche il coniuge separato che vive da un’altra parte, così da ottenere un somma del sussidio più alta, è un reato che può portare non soltanto alla revoca del beneficio, ma anche dritti in carcere. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 5440 del 2023. Ma anche la situazione opposta, ovvero “nascondere” la presenza del marito, separato di fatto, nel nucleo familiare, oppure quella del figlio detenuto, può costare caro a chi percepisce il reddito di cittadinanza. Lo stabilisce sempre una sentenza della Cassazione (7 ottobre 2022, n. 37922). Sentenze in linea con le sanzioni previste dalla stessa legge che introduce il Reddito, in caso di false e mendaci dichiarazioni nel momento in cui si presenta la domanda per il sussidio.
Reddito di cittadinanza, la sentenza
Il caso riguarda un signore che, a fronte della presenza dei requisiti richiesti, per ottenere un sussidio maggiorato, ha inserito nel suo nucleo familiare la moglie separata. La Cassazione ha confermato la condanna a un anno a 4 mesi di reclusione.
I separati di fatto
C’è un altro caso che nasce da una signora, indagata, perché al momento della domanda non aveva indicato che nel proprio nucleo familiare era ricompreso anche il marito, sebbene separato di fatto.
La norma
L’articolo 7 comma 1 della legge che introduce il Reddito di cittadinanza (4/2019) punisce con la reclusione da due a sei anni chi «rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute» ai fini di ottenere indebitamente il beneficio.
I furbetti
Anche fingere di essere separati pur vivendo sotto lo stesso tetto, per ottenere due sussidi anziché uno solo, può costare la revoca del beneficio e un procedimento penale. Il “trucchetto” era stato pensato da una coppia di Casagiove in province di Napoli. In realtà i due non sono sposati, ma fidanzati conviventi. Ai fini dell’ottenimento del Reddito di Cittadinanza hanno però dichiarato di vivere in due abitazioni distinte. La coppia è sotto indagine da parte della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.
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Il Messaggero