Prodi: «Ecco il piano Ue sulle infrastrutture»

Prodi (ansa)
Nell'Unione Europea il buco di investimenti in infrastrutture è di 100-150 miliardi all'anno. Senza alcun intervento, tra il 2018 e il 2030 sarebbe di oltre 1.500...

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Nell'Unione Europea il buco di investimenti in infrastrutture è di 100-150 miliardi all'anno. Senza alcun intervento, tra il 2018 e il 2030 sarebbe di oltre 1.500 miliardi. Sono queste le cifre contenute nel rapporto della Task Force Ue sull'investimento nelle infrastrutture sociali presentato ieri a Bruxelles dall'ex premier ed ex presidente della Commissione Romano Prodi. «Di questo problema soffrono anche i paesi europei più ricchi, in particolare relativamente ai settori della sanità, dell'educazione e degli alloggi sociali abbordabili», ha spiegato Prodi intervenendo a Bruxelles durante la conferenza dove è stato illustrato il rapporto.


Per questo, ha esortato l'ex premier, «va lanciato immediatamente» un piano di investimenti «con una possibile interazione tra pubblico e privato», inclusi fondi pensioni e assicurazioni. E, dato l'attuale contesto politico, ha avvertito Prodi, «dobbiamo rendere operativo il progetto prima della fine dell'attuale legislatura», ovvero entro maggio 2019, «solo così daremo impulso alla nuova Europa». Le istituzioni Ue e quelle finanziarie «devono perciò cooperare mano nella mano», mentre i progetti da finanziare dovranno essere decisi insieme da Stati membri e istituzioni locali, in linea con il rispetto del «principio di sussidiarietà».

La presenza di banche, fondi pensione e assicurazioni da schierare accanto alle risorse pubbliche dovrebbe garantire una maggiore probabilità di successo di quello che è già stato battezzato Piano Prodi, la cui idea nasce anche dalla constatazione che il gap di infrastrutture si misura in tutti i settori dei servizi sociali. Ebbene, l'attuale spesa nella Ue per infrastrutture sociali è di circa 170 miliardi l'anno e poiché dall'inizio della grande crisi nel 2007 gli investimenti in infrastrutture sono calati drasticamente e nel 2016 erano ancora inferiori del 20%, non è stato difficile raccogliere i consensi necessari per mettere in piedi un'iniziativa capace di chiudere quel gap.

IL BOND
Quanto alla sua realizzazione, sarà la Cassa depositi e prestiti a favorire in Italia lo sviluppo del Piano. Tra i promotori dello studio promosso dall'Elti (l'associazione europea degli investitori di lungo termine), Cdp ha infatti già una posizione di leadership nel supporto dello sviluppo delle infrastrutture sociali in Italia, culminata lo scorso novembre con il lancio del suo primo social bond da 500 milioni per le pmi situate in regioni a minor tasso di sviluppo o colpite da calamità naturali. Non ha caso il bond ha raccolto richieste pari a 2,2 miliardi, di cui il 70% dall'estero.


Guidata dal tandem Claudio Costamagna-Fabio Gallia, Cdp è del resto già impegnata nell'edilizia scolastica e nella riqualificazione delle periferie urbane oltre che nell'edilizia sociale con i fondi Fia, dove in particolare con il Fia2 l'obiettivo è attrarre fondi del Piano Juncker e di investitori istituzionali italiani sensibili all'impatto sociale e ambientale. «Le banche promozionali nazionali e le istituzioni finanziarie sono la chiave per finanziare i progetti di infrastrutture sociali» dove «giocano già un ruolo maggiore e sono pronte a fare di più», ha sottolineato il presidente di Elti, Laurent Zylberberg. Oggi «oltre 1,2 miliardi di finanziamenti dell'Efsi», il fondo del Piano Juncker, «sono già stati approvati per il settore sociale, e questi dovrebbero mobilitare oltre 6 miliardi di investimenti», ha ricordato il vicepresidente della Commissione Ue per la crescita Jyrki Katainen, assicurando però che l'intenzione è «fare di più» con l'Efsi 2.0 dove ci sarà una «enfasi» particolare sugli investimenti nel sociale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero