Popolare Bari, i pm: azionisti prigionieri senza scampo della banca

Popolare Bari, i pm: azionisti prigionieri senza scampo della banca. Nella foto l'ex presidente Marco Jacobini
I soci della Banca Popolare di Bari erano «irrimediabilmente prigionieri dei loro titoli clamorosamente svalutati» e, quando chiedevano di visionare i bilanci, i...

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I soci della Banca Popolare di Bari erano «irrimediabilmente prigionieri dei loro titoli clamorosamente svalutati» e, quando chiedevano di visionare i bilanci, i dirigenti ne predisponevano «copie pulite». Del resto a dire che «tutto è truccato, i dati delle filiali sono truccati» era lo stesso direttore generale dell'epoca, Vincenzo De Bustis Figarola, poi diventato amministratore delegato della banca e da ieri interdetto nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Bari che ha portato agli arresti domiciliari l'ex presidente Marco Jacobini, suo figlio Gianluca, ex co-direttore, e Elia Circelli, responsabile Bilanci. Agli indagati i magistrati contestano i reati di falso in bilancio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza.


Nelle intercettazioni, quelle telefoniche disposte dalla Procura e quelle ambientali registrate da un ex dirigente che ha poi denunciato di essere stato mobbizzato, «emerge con chiarezza - si legge negli atti - l'intento manipolatorio dei dati, predisposti e più volte rimaneggiati, a seconda delle emergenze». Allo stesso manager si rivolge De Bustis
confessando: «In un'azienda come questa - dice - dove tutto è truccato, i dati delle filiali sono truccati, cioè, io mi sono fatto portare..., avevo capito, mi sono messo a analizzarli, sono truccati, è stato tutto inutile, allora le filiali fanno più commissioni del totale dell'istituto!».

«Le false informazioni fornite - è spiegato nell'ordinanza - sono volte a convincere i risparmiatori a comprare azioni e a permettere alla BPB di ampliare il suo raggio di azione. Poco importa se da quel momento le azioni sono diventate illiquide e hanno perso rapidamente di valore. Tanto hanno pagato gli ignari risparmiatori».

Nel 2017, dopo due aumenti di capitale, due ispezioni di Bankitalia con «migliaia di rilievi - diceva l'indagato Circelli
- e di incongruenze», e la successiva svalutazione dei titoli, «centinaia di azionisti avevano depositato le richieste di
cessione dei titoli azionari in loro possesso, rimaste congelate per lungo tempo». La stessa relazione ispettiva della Banca d'Italia del 10 novembre 2016, «in riferimento al rilancio della redditività e al rafforzamento patrimoniale, evidenziava le problematiche di natura reputazionale e legale associate al significativo stock di azioni della banca poste in vendita senza successo da oltre 11 mila soci (280 milioni, pari al 25% del capitale)».


A questo proposito nell'ordinanza cautelare si evidenzia «la volontà del Cda della BpB di escludere del tutto la liquidazione delle azioni in favore dei soci recedenti con fondi propri, lasciandoli irrimediabilmente prigionieri dei loro titoli clamorosamente svalutati» e «delle condizioni economiche della BpB che, stando alle indicazioni contabili, non sarebbe stata in grado di fare fronte alle richieste di recesso e liquidazione delle azioni se non pregiudicando la stessa stabilità patrimoniale». Prigionieri al punto che se chiedevano copia dei bilanci, Circelli - come documentato da una intercettazione del marzo 2017 - evidenziava la «necessità di far visionare una 'copia pulità», probabilmente «difforme da quella che sarebbe stata poi sottoposta all'assemblea». 

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Il Messaggero