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La macchina dell’attuazione del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, non riesce a ingranare la marcia. I ritardi iniziano ad accumularsi e Bruxelles si sta dimostrando più severa del solito nell’analizzare gli obiettivi e i risultati raggiunti. Ieri il ministro del Sud Raffaele Fitto, che del Pnrr ha la responsabilità, ha incontrato il commissario europeo Paolo Gentiloni per provare a smussare gli angoli per sbloccare il pagamento della rata da 19 miliardi per gli obiettivi conclusi nel 2022, e proseguire il dialogo in vista della richiesta di modifica che l’Italia presenterà entro fine aprile al Piano con l’obiettivo di inserire un nuovo capitolo nel Pnrr basato sul progetto RepowerEu, con nuove risorse per rafforzare l’indipendenza energetica del Paese.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, è convinto che il pagamento dei 19 miliardi all’Italia arriverà entro il mese di maggio una volta che saranno chiariti i ritardi sui “porti verdi” e la questione dell’attuazione del disegno di legge sulla concorrenza. Ma più che il 2022, a preoccupare sono le opere del 2023 che, a tre mesi dall’inizio dell’anno, sembrano già in affanno. E, per ora sottotraccia, è iniziata a montare una tensione crescente tra i ministeri e i Comuni sulle responsabilità dei ritardi. Dai municipi passano una quarantina di miliardi di opere legate al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Diversi cantieri sono indietro. Il governo sta con il fiato sul collo dei sindaci e lascia intendere che se i cantieri non ripartiranno potrebbe usare gli strumenti di cui dispone, il principale dei quali sono i poteri speciali con il commissariamento delle opere. Una decisione forte. Ma i rapporti tra governo e Comuni sono da settimane in tensione.
Da quando l’Anci in Conferenza unificata ha espresso seri dubbi sul progetto di autonomia differenziata firmato da Roberto Calderoli. Il governo ha ignorato il parere dei sindaci ed è andato dritto per la sua strada, approvando il testo in Consiglio dei ministri senza le modifiche chieste dai Comuni. La battaglia non è finita. L’Anci è pronto a ripresentare in Parlamento un suo pacchetto di emendamenti al testo-Calderoli e, intanto, ha dato mandato al suo centro studi, l’Ifel, di calcolare quali sono i reali costi dell’autonomia.
Così qualcuno nel governo ha iniziato a pensare che la partita del regionalismo differenziato possa intrecciarsi con quella dei ritardi del Pnrr. Per ora solo sospetti. I sindaci, dal canto loro, puntano decisamente il dito proprio contro i ministeri.
IL DOCUMENTO
In un documento consegnato in Senato, l’Anci, l’Associazione dei Comuni, ha accusato il governo di voler commissariare le opere di loro competenza senza tenere conto che buona parte dei ritardi accumulati dipendono proprio dai ministeri e non dai municipi. Alle Infrastrutture hanno spiegato i sindaci, ci sono 11 mila domande per la compensazione dei costi del caro-materiali inevase. Così i Comuni non hanno potuto pagare alle imprese gli avanzamenti dei lavori del secondo semestre del 2021.
Così molti cantieri sono stati sospesi. In alcuni casi poi, i Comuni, sostengono di essere stati persino troppo veloci rispetto ai tempi dei ministeri. Come per i progetti “Pinqua”, i programmi innovativi per l’abitare urbano, finanziati con il Pnrr. I progetti sono stati attivati prima del 18 maggio del 2022 e ora non possono accedere ai ristori del caro-materiali, perché il decreto del ministero dell’Economia è arrivato dopo quella data e dunque non li ricomprende. I Comuni, scrive l’Anci, «hanno compiuto uno sforzo immane in termini di riorganizzazione, accrescimento della propria capacità amministrativa, aggiudicazione dei lavori nei termini previsti. Ciò», sostengono, «nonostante i ritardi nella definizione di convenzioni e l’assenza di uniformità delle regole di ingaggio da parte delle amministrazioni centrali». La battaglia dei sindaci, insomma, è solo all’inizio. Anche perché i Comuni rischiano di rimanere schiacciati dai ministeri sul Pnrr e dalle Regioni sull’autonomia.
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