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La confezione di pizza margherita surgelata di una nota marca costa 4,20 euro, proprio accanto c’è quella con una etichetta meno nota a 3,99. Stesso peso, stessi ingredienti, addirittura stesso stabilimento di produzione di un’altra confezione sullo stesso scaffale che costa 4,30. Basta spostarsi di qualche corridoio di un qualunque supermercato (il nostro test a Roma, in zona Salario) per trovare olio, pasta, succhi di frutta, bevande, superalcolici e molti beni di consumo con prezzi differenti, perfino del 50%.
IL CONFRONTO
Una valvola di risparmio importante per le famiglie in tempo di crisi e con l’inflazione galoppante, che spiega il perché del successo della Marca dei distributori (Mdd), conosciuta anche col termine private label. Dietro c’è l’impegno di oltre 1.500 piccole e medie imprese italiane. Sono aziende terziste (nella terminologia di settore copacker) che producono prodotti per grandi catene utilizzando i marchi di queste. Nei primi nove mesi del 2022, secondo i dati provvisori di The European House Ambrosetti e IRI, l’aumento del loro giro d’affari è stato del 9,5% rispetto all’anno prima. Nel 2021 – ultimo dato consolidato disponibile – il valore totale aveva raggiunto gli 11,7 miliardi di euro, con un quota di mercato del 19,8%. Che per alcune insegne discount ha toccato il 32%, cioè un terzo del totale degli incassi.
IL NODO DELL’EXPORT
Uno sfogo importante anche sui mercati esteri, nonostante l’assenza di un grande player internazionale nella distribuzione (che è una delle più evidenti debolezze del sistema Italia nell’agroindustria). Basti pensare che la francese Carrefour ha esportato nel 2021 800 milioni di prodotti made in Italy o che il gigante tedesco Lidl acquista ed esporta dall’Italia cibo e vino per due miliardi di euro. «Questi prodotti sono una scelta rassicurante per le famiglie anche perché in questi mesi la Mdd ha funzionato da calmiere dei prezzi e continuerà così», aggiunge Pedroni che domattina a Milano anticiperà alcuni dati, assieme a Giampiero Calzolari (presidente di BolognaFiere), Valerio De Molli (ceo di The European House Ambrosetti) e Brunella Sacconi (direttore agroalimentare di Ice).
I dati di Iri dimostrano che i consumatori hanno grande fiducia nei brand “inventati” dalle catene. Fermo restando qualità e peso netto, per esempio, il packaging in periodi di ristrettezze conta meno e anzi diventa motivo di condivisione degli obiettivi di sostenibilità ambientale (meno carta, cartone e plastica). Così, a fronte di un calo generalizzato della spesa, il carrello dei prodotti Mdd è cresciuto nell’ultimo mese del 2,2%. I comparti migliori sono stati il fresco (34,8% del totale, +1,7% in valore, + 5,7% in volume) e il pet care, il cibo per gli animali domestici (22% del totale, +1,5% in valore e + 6,6% in volume). I private label hanno migliorato il posizionamento competitivo anche negli altri reparti. Oggi valgono il 29,1% degli acquisti di fresco, il 29% del freddo, il 18,2% dei prodotti di drogheria, il 7,8% delle bevande. Nei settori non alimentari la quota nei prodotti per la cura della casa è del 22,3% e del 14,3% per la cura della persona.
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Il Messaggero