Pezzin (Startup Geeks): “alle startup mancano i soldi delle corporate ma i team sono più talentuosi”

Pezzin (Startup Geeks): “alle startup mancano i soldi delle corporate ma i team sono più talentuosi”
Startup Geeks, incubatore online di startup, di recente protagonista di una campagna di crowdfunding lampo dal valore di 945mila euro chiusa in soli 7 giorni dall’inizio della...

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Startup Geeks, incubatore online di startup, di recente protagonista di una campagna di crowdfunding lampo dal valore di 945mila euro chiusa in soli 7 giorni dall’inizio della campagna, accoglie nel suo organico Guido Pezzin come Head of Innovation. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio lo stato del mondo delle startup e i programmi di formazione

Partiamo da un assunto, perché la conoscenza del mondo delle startup dovrebbe essere portata all’interno dei grandi gruppi aziendali?

Per la modernizzazione, per adeguarsi a nuovi standard. Spesso queste aziende non hanno tempo e modo di adeguarsi ai cambiamenti che impone il mercato circa ogni due, tre anni ormai. Sono metodologie Lean a cui si ispirano le maggiori startup di successo, americane e israeliane in particolar modo, impostate su moduli di continuous learning: accelerare la modernizzazione senza però fermare l’operatività, facendola in maniera costante con figure professionali che stando semmai da dieci anni sempre nella stessa azienda non hanno avuto modo di contaminarsi con l’esterno.

Nello specifico, su quali moduli di formazione si basano i vostri programmi di Open Innovation?

Il nostro programma Corporate Startup Builder è semplice e lineare, da qui il suo successo, si basa su metodologie di contaminazione, integrazione, internazionalizzazione e sicurezza.

Quali sono le aziende che vi hanno scelto e in che modo è stato valutato l’impatto formativo sulla popolazione aziendale?

Le più importanti sono il Gruppo Eni, Italdesign del Gruppo Volkswagen, NTT Data e il settore che sta dimostrando notevoli sengali di aggiornamento e trasformazione è sicuramente quello dell’energy, tanto per quanto riguarda il valore di produzione che di distribuzione. Abbiamo strumenti di indagine continuativa, attraverso challenge e/o obiettivi di business da raggiungere. Difficile però avere un valore assoluto di impatto perché l’analisi dovrebbe basarsi su un coefficente condiviso e invece ogni startup è diversa l’una dall’altra, specie in Europa e soprattutto in Italia.

Considerata l’età media del vostro team, a differenza delle figure senior, le nuove generazioni non si sentono minacciate dall’innovazione, anzi, ritengono opportuno implementare le opportunità di formazione e soprattutto di occupazione, rispetto alla quale il mismatch tra domanda di esperti e il loro reperimento è piuttosto ampio. Da questo punto di vista, Startup Geeks come si pone?

Startup Geeks supporta l’azienda nel cambiamento usando risorse interne: chi meglio di un dipendente che fa parte del processo aziendale esistente è in grado di suggerire punti di forza o di debolezza della propria realtà? Si tratta di un’alleanza, approccio costruttivo che permette di superare quelle reticenze che dovrebbero impedire di criticare il proprio posto di lavoro. Livello di innovazione che arriva a un punto per il quale il datore di lavoro costruisce così una business unit e diventa socio del proprio dipendente. La composizione del team è fondamentale, è un asset di crescita, o fallimento, del prodotto. Un mix di età e di esperienza è un fattore di successo, più dell’idea stessa e in questo l’Italia è in linea coi trend internazionali, ci contraddistinguiamo per talentuosità e disruption.

Cosa manca allora all’ecosistema delle start up in Italia?

Mancano i soldi delle corporate, questo crea il gap rispetto agli altri paesi.

Quindi i nostri modelli di formazione sono adeguati?

Assolutamente. Dovremmo infatti trattenere maggiormente i nostri ingegneri e nostre ingegnere.

Possibile fornire una sorta di identikit delle circa 680 start up che fanno parte di Startup Geeks? Quali sono i settori che rappresentano?

Il dato aggiornato si riferisce a un totale di 850 startup accelerate. La stragrande maggioranza di queste, l’85%, si occupa di servizi, il 15% invece di business di prodotto. In generale gli argomenti che più interessano chi intraprende questo percorso riguardano la sostenibilità, nei parametri ESG, trasformazione digitale, automazione HR Tech, ed education. Rispetto agli inizi, di tre anni fa, c’è un forte impulso sulla digitalizzazione di tutti i settori.

Lucia Medri

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Il Messaggero