Pensioni, ipotesi contributo di solidarietà sugli assegni alti

Poletti
Per ora, è solo un'idea che circola, una tentazione. L'ha descritta in maniera efficace Tiziano Treu, fino a poche settimane fa al vertice dell'Inps: le risorse...

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Per ora, è solo un'idea che circola, una tentazione. L'ha descritta in maniera efficace Tiziano Treu, fino a poche settimane fa al vertice dell'Inps: le risorse necessarie per riconoscere la rivalutazione delle pensioni - tagliata per il 2012 e il 2013 - vanno cercate «all'interno del sistema previdenziale».




Vuol dire, secondo Treu, che «oltre un certo livello di assegno, se ci sono differenze con quanto si avrebbe avuto con il contributivo, si può fare una riduzione». Ma c'è chi si spinge ancora più avanti, come Enrico Zanetti, che nella veste di leader di Scelta Civica (è anche sottosegretario all'Economia) ripropone un disegno di legge del suo partito che punta al ricalcolo con il sistema contributivo delle pensioni superiori a dieci volte il trattamento minimo Inps, ovvero circa 5.000 euro lordi al mese. La differenza tra l'attuale ammontare di questi assegni e quello che deriverebbe dai più severi criteri di calcolo dovrebbe generare un contributo di solidarietà.



LE DIFFICOLTÀ

Difficile dire se l'ipotesi potrà farsi strada fino a diventare la soluzione del governo alla voragine finanziaria aperta dalla sentenza della Corte costituzionale. Certo è che il tema del ricalcolo delle pensioni contributive aleggia nelle simulazioni sfornate quasi ogni settimana dall'Inps del neopresidente Boeri. Anche se l'operazione comporterebbe notevolissimi problemi sia di ordine tecnico-amministrativo (per la mancanza dei dati più antichi e di quelli relativi ai lavoratori pubblici) che giuridico (per la prevedibile ondata di ricorsi).



La stessa idea di un contributo di solidarietà a carico delle pensioni alte però deve fare i conti con un'altra azione giudiziaria destinata ad arrivare di nuovo alla Corte costituzionale: azione che riguarda il prelievo a carico delle pensioni alte già istituito dal governo Letta con la Finanziaria per il 2014. Una decurtazione sensibile, del 6 per cento che poi diventa 12 e 18 e si applica sulle fasce di trattamento superiori a 90 mila euro l'anno lordi.



INTERVENTO IN SENATO

Sul nodo dell'adeguamento all'inflazione, ieri è intervenuto il ministro dell'Economia Padoan, ascoltato in commissione al Senato. Ha spiegato che sono ancora in corso le quantificazioni finanziarie del problema e delle varie opzioni per risolverlo. «Lavoriamo per avere una soluzione rispettosa dei giudici e che al tempo stesso minimizzi i costi per la finanza pubblica che innegabilmente ci sono, e che intervengono in un momento in cui la finanza pubblica sta migliorando» ha detto il ministro, che però esclude una nuova manovra, almeno nel senso classico.



Ci potrebbe però essere nei prossimi giorni un decreto per definire quanto meno i rimborsi arretrati, con qualche forma di rateazione. Le ipotesi allo studio ruotano sempre intorno all'idea di fissare uno spartiacque più alto di quello previsto nel decreto salva-Italia per la tutela degli assegni più bassi: si potrebbe passare dalle tre alle cinque volte il minimo Inps (ossia 2.342 euro lordi al mese). Ma si valuta anche la possibilità di riconoscere la rivalutazione per fasce di reddito, invece che sull'intero trattamento, come avveniva in passato.



Gli interessati attendono, con qualche timore. «Non siamo irresponsabili e accetteremo forme di gradualità ma le sentenze vanno rispettate e non depotenziate» avverte Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager, l'associazione che con il ricorso di un suo iscritto ha innescato il pronunciamento della Consulta. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero