Pensioni, un mini salvagente solo per le donne e gli esodati

Pier Carlo Padoan
Per circa 200 mila donne la notizia non è delle migliori. Dovranno rassegnarsi a lavorare quasi due anni in più. Sarà questa una delle prime conseguenze del rinvio al prossimo...

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Per circa 200 mila donne la notizia non è delle migliori. Dovranno rassegnarsi a lavorare quasi due anni in più. Sarà questa una delle prime conseguenze del rinvio al prossimo annunciato da Matteo Renzi, della discussione sull'introduzione nel sistema pensionistico italiano di un principio di flessibilità. Molte lavoratrici, soprattutto quelle del settore privato, guardavano con una certa aspettativa alle mosse del governo.




Dal primo gennaio del prossimo anno per loro, infatti, scatterà una sorta di scalone. Un aumento dell'età di pensionamento che passerà dagli attuali 63 anni e 9 mesi a 65 anni e 7 mesi. Una progressione stabilita negli anni scorsi per parificare, in modo graduale, l'età di ritiro delle donne a quella degli uomini che già oggi lasciano il lavoro a 66 anni e 3 mesi. In realtà il processo di avvicinamento è anche all'età di pensionamento delle dipendenti statali che, come gli uomini, devono lavorare fino a sessantasei anni passati. Non solo. Dal prossimo primo gennaio l'età di pensionamento salirà di un altro piccolo gradino per tutti i lavoratori. È la conseguenza dell'adeguamento automatico alla speranza di vita dei requisiti anagrafici per la pensione. Siccome, secondo le stime dell'Istat, è previsto un incremento di quattro mesi nella vita media di uomini e donne, la pensione verrà posticipata di un analogo periodo temporale.



Ma se un principio generale di flessibilità è ormai uscito dai radar della prossima manovra di bilancio, alcuni aggiustamenti per risolvere i problemi più urgenti saranno comunque inseriti. Il primo riguarderà gli esodati, le persone rimaste senza lavoro e senza pensione dopo la riforma Fornero. Nella legge di Stabilità il governo finanzierà la settima salvaguardia per questa categoria di lavoratori. I fondi, fino a 500 milioni di euro, dovrebbero essere recuperati, come aveva annunciato direttamente il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, dai fondi risparmiati nelle precedenti operazioni sugli esodati. Un lumicino di speranza resta anche per le donne.



LA VIA D'USCITA

Nel provvedimento che sarà approvato giovedì mattina dal Consiglio dei ministri, dovrebbe entrare un'estensione della cosiddetta opzione donna a tutto il 2015. Questo permetterebbe alle lavoratrici che hanno maturato i requisiti quest'anno, di poter lasciare il lavoro con 57 anni di età e 35 di contributi, ossia le regole in vigore prima della riforma Fornero. Una scelta che potrebbe tuttavia, non avere un grandissimo appeal. Questo perché l'opzione donna prevede il ricalcolo interamente contributivo della pensione. Significa dover rinunciare ad una cifra che oscilla tra il 25% e il 30% dell'assegno che altrimenti sarebbe maturato con il più conveniente sistema retributivo.



L'annuncio del dietrofront sulle pensioni da parte di Renzi, non è piaciuto ai sindacati. «Non sono pronti?», ha esordito il leader della Cgil Susanna Camusso, aggiungendo: «Potevano studiare di più evidentemente. È una classica narrazione dell'irrealtà». Per la Camusso questo «dimostra che non c'è alcuna attenzione ad una emergenza, ad uno straordinario divario che riguarda il mondo del lavoro», anche per «le attese dei giovani» ed il conseguente sblocco del turnover. Sulla stessa linea anche Annamaria Furlan della Cisl.



«Non si può rinviare al 2016 la contro riforma della riforma Fornero, abbiamo bisogno», ha spiegato, «già nella legge di stabilità, di un segnale importante, sarebbe una risposta per imprese, giovani e per tutti i lavoratori». Anche il segretario Confederale della Uil, Domenico Proietti, ha parlato di un «errore gravissimo» da parte del governo. Per il governo è arrivato anche il fuoco amico di Cesare Damiano, che ha condannato il rinvio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero