Pensioni, Brambilla (Lega) boccia le minime a 780 euro: «Si spacca il sistema»

Nuovo scontro sulle pensioni. Mentre il governo, e soprattutto la Lega, lavora per cercare di smontare la legge Fornero nella prossima manovra, ad alzare apertamente i toni della...

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Nuovo scontro sulle pensioni. Mentre il governo, e soprattutto la Lega, lavora per cercare di smontare la legge Fornero nella prossima manovra, ad alzare apertamente i toni della polemica è Alberto Brambilla, esperto di previdenza vicino alla Lega che sta tirando i fili della riforma della previdenza. Sulla pensione di cittadinanza da 780 euro con cui i 5 stelle vorrebbero accompagnare il reddito, arriva una sonora bocciatura: «Spacchiamo il sistema», afferma Brambilla, già contrario all'ipotesi di prelievo sulle pensioni d'oro.


Dal palco delle "Giornate del lavoro" della Cgil, Brambilla spiega invece quale potrebbe essere la soluzione per "quota 100". Il costo dell'uscita dal lavoro a 62 anni con 38 di contributi potrebbe essere compensato «facendo operare i fondi di solidarietà e i fondi esubero, sul modello di quanto già accade con grande successo il settore del credito e delle assicurazioni», spiega.

 

Invece sulla possibilità di portare da gennaio le pensioni minime a 780 euro annunciata dal viceministro 5Stelle all'Economia, Laura Castelli. Brambilla, considerato il punto di riferimento della Lega sul fronte delle riforme delle pensioni,  Brambilla è netto: «Sono totalmente contrario. Se io fossi un artigiano, un commerciante, un imprenditore, non verserei più, tanto se poi devo prendere 780 euro».

Intanto oggi sembrano essersi dati appuntamento Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Uno su Facebook in diretta da Nola, l'altro dagli studi televisivi di Canale 5 parlano sugli schermi alla stessa identica ora del pomeriggio e dialogano a distanza sulla manovra, tirandosi apparentemente per la giacca l'un l'altro, ma ribadendo i contenuti portanti della prossima legge di bilancio. Entrambi negano tensioni nel governo, tra i partiti di maggioranza e con il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, ed entrambi garantiscono che quello che è stato sottoscritto nel contratto gialloverde si farà. Di Maio assicura quindi che il reddito di cittadinanza targato M5S sarà la prima misura della manovra 2019 e promuove la flat tax della Lega, ma «a condizione che non aiuti i ricchi». Salvini sponsorizza la sua riduzione della pressione fiscale sulle partite Iva e appoggia il sostegno al reddito, ma mette anche lui i suoi paletti, perché l'assegno non deve essere «fatto per stare a casa e guardare la televisione».

Un altro tassello all'insieme delle misure e delle disponibilità finanziarie sarà posto probabilmente domani o in uno dei primi giorni della prossima settimana in un nuovo incontro tra il premier Giuseppe Conte, i vicepremier e Tria. I tempi per il disegno della Nota di aggiornamento al Def, attesa per il 27 settembre, cominciano infatti a stringere e il governo deve capire quali potranno essere gli spazi finanziari in cui inserire gli interventi di politica economica. Dove insomma fissare l'asticella del deficit, se all'1,6-1,7% del Pil, alleggerendo il menu complessivo della manovra, o intorno al 2%, permettendosi quindi qualche misura in più.


Non tutte le coperture saranno però trovate in deficit. La Lega punta molto anche sulla pace fiscale, che si sta ancora limando, ma che si vuole rendere il più ampia possibile. Un'operazione che la segretaria della Cgil, Susanna Camusso, definisce senza mezzi termini un «gigantesco condono di massa». La discussione sulla legge di bilancio, denuncia, è «tutta improvvisata, fatta di slogan, annunci che si inseguono e si contraddicono». Per non parlare di quella sulle pensioni su, cui, afferma, si sparano «numeri al lotto». 

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Il Messaggero