Entro quest’autunno, dieci milioni di italiani riceveranno informazioni su un tema che li tocca molto da vicino: l’Inps farà sapere loro quando potranno andare in pensione e...
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LE SPERIMENTAZIONI
Boeri qualche settimana fa aveva spiegato che la nuova procedura avrebbe impegnato «l’intero istituto, dal primo all’ultimo dipendente». In questi giorni le prime indicazioni stanno effettivamente affluendo a tutti gli uffici. Il lavoro si baserà sulle sperimentazioni già portate a termine in due riprese, alla fine del 2014 e all’inizio di quest’anno, che hanno coinvolto in entrambi i casi circa 12 mila cittadini.
Nell’occasione i lavoratori erano stati selezionati per fascia di età, quelli minori di 40 anni, quelli tra quaranta e cinquant’anni e poi quelli fino ai sessanta. Nella versione definitiva, che scatterà a settembre, l’operazione riguarderà invece tutti gli iscritti con almeno cinque anni di contribuzione, partendo dal Fondo lavoratori dipendenti; in seguito toccherà a parasubordinati e autonomi. I dati indicati includeranno la data prevista di pensionamento secondo le regole vigenti (che tengono già conto dell’evoluzione dell’aspettativa di vita) e l’importo stimato del trattamento previdenziale, in base naturalmente di ipotesi sulla prosecuzione dell’attività lavorativa e sullo scenario economico.
LE SIMULAZIONI
Sono conteggi che per loro natura hanno una certa dose di incertezza, in particolare per chi ha davanti ancora parecchi anni di carriera lavorativa: serviranno però agli interessati ad avere un’idea per quanto approssimativa e a fare di conseguenza le proprie scelte. Ad esempio aderire ad una forma di previdenza complementare (o a rafforzare i versamenti se già iscritti) oppure considerare una polizza assicurativa, sempre con l’obiettivo di irrobustire i redditi attesi per il futuro. Finora stime di questo tipo sono state fatte solo da società di consulenza indipendenti, come Progetica.
Vediamone una. Un dipendente che ha iniziato l’attività a 25 anni e ha avuto una crescita del reddito dell’1,5 per cento l’anno, “buchi” contributivi di un anno ogni 10, con un’ultima retribuzione netta pari a 2.000 euro in termini reali (stabile), dopo 40 anni di contributi raggiungerà il traguardo della pensione tra i 68 anni e 3 mesi e i 70 e 11 mesi di età. Avrà allora un importo di pensione di 1.243 euro, pari al 62 per cento dello stipendio in caso di scenario economico stagnante e di 1.451 (73 per cento) se invece il ciclo economico si rimetterà in moto, ad un ritmo dell’1 per cento l’anno. Coerentemente con la logica del sistema contributivo il tasso di sostituzione (ossia appunto il rapporto tra ultima retribuzione e prima rata di pensione) sarà maggiore con più anni di contributi e invece minore se la carriera lavorativa è stata più breve. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero