Più pensionati che lavoratori entro il 2050. Di fronte all'ormai quasi ineluttabile progressivo invecchiamento delle popolazione, il destino del mercato del lavoro...
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Sulla base degli attuali schemi pensionistici, scrive l'organizzazione, il numero di persone over-50 inattive o
pensionate che dovranno essere sostenute dai lavoratori potrebbe aumentare di circa il 40%, arrivando nell'aera Ocse a 58 su 100. In Italia, Grecia e Polonia, entro il 2050 il rischio è però di un rapporto uno a uno o addirittura di più over-50 fuori dal mondo del lavoro che lavoratori. L'obiettivo deve essere dunque quello di «promuovere l'invecchiamento attivo». Gli sforzi di molti Paesi per innalzare l'età della pensione non hanno portato a risultati concreti. L'età effettiva di uscita dal mercato del lavoro è infatti oggi ancora più bassa rispetto a 30 anni fa, non solo per gli scarsi incentivi a continuare a lavorare in età avanzata ma anche per la riluttanza dei datori di lavoro ad assumere e trattenere lavoratori più anziani.
L'Ocse invita quindi a ribaltare la logica: maggiore flessibilità nell'orario e migliori condizioni di lavoro in generale potrebbero infatti promuovere una maggiore partecipazione a tutte le età. Un lungo orario di lavoro, spiega ad esempio l'organizzazione, può dissuadere alcune persone anziane dal lavorare più a lungo e impedire ad alcune donne, dedite anche ai figli, di perseguire carriere lavorative più lunghe. Una migliore qualità della vita permetterebbe invece anche con un lavoro più continuo e prolungato negli anni.
La flessibilità è la chiave di volta anche secondo il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, mentre il
Forum delle associazioni familiari chiede che il nuovo governo (se ci sarà) intervenga contro la denatalità con un assegno per ogni figlio.
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Il Messaggero