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La prima domanda da porsi è quale sia la propria propensione al rischio e gli obiettivi di rendimento, in modo da scegliere gli strumenti adeguati. Nella costruzione del portafoglio, preminente è la diversificazione. Parcheggiare i propri risparmi sul conto in banca non è una buona soluzione. Specialmente quando – come accade oggi – l’inflazione sta risalendo, ma i tassi sono ancora molto bassi: lasciare il denaro sul conto porta alla perdita del potere d’acquisto. Ma se si è pronti a investire i propri risparmi puntando sugli strumenti finanziari, da dove partire?
Di là delle considerazioni sulla diversa natura degli strumenti a disposizione, come azioni e obbligazioni (per approfondire si legga l’articolo nella pagina accanto), ci sono alcuni aspetti fondamentali da considerare quando si parla di strumenti finanziari. Innanzitutto il rapporto tra rischio e rendimento, che definisce quanto uno strumento possa essere adatto al singolo risparmiatore: ogni strumento infatti ha un certo grado di rischio, cioè la probabilità che in casi avversi l’investimento possa perdere di valore, anche in misura consistente; al crescere della rischiosità dello strumento, solitamente cresce anche il rendimento, cioè il profitto generato da un certo investimento. Nelle obbligazioni – dette anche bond – il rendimento è il tasso di interesse. Nelle azioni, è l’incremento di valore sommato ai dividendi pagati.
Spesso c’è una mancanza di percezione del rischio da parte dell’investitore.
Presa la decisione, l’altra regola d’oro per l’investitore è la diversificazione: se investo tutti i miei soldi nel titolo X, se per una qualsiasi ragione quel titolo crolla rischio di perdere moltissimo. Se invece investo nei titoli X, Y, Z e in altri ancora, se uno di questi crolla avrò perso solo una piccola parte del mio investimento. Diversificare vuol dire costruire il portafoglio in modo da contenere il rischio rispetto a un obiettivo di rendimento, cioè la possibilità che l’investimento renda meno di quanto atteso. Per farlo correttamente, occorre strutturare il portafoglio con diversi strumenti (azioni e obbligazioni, principalmente), e con strumenti emessi da soggetti che operano in più settori merceologici e magari in Paesi diversi, in modo da assorbire senza particolari conseguenze le possibilità di “incidenti”. Anche la dimensione delle società emittenti va diversificata.
Oltre agli aspetti già citati, un ulteriore elemento di diversificazione è quello temporale, che può essere perseguito per esempio attraverso un piano di accumulo (detto anche Pac), con cui si investe poco alla volta, a intervalli regolari, preferibilmente con tranche mensili. Ciò da una parte consente di pianificare per il futuro, di imporsi una disciplina di risparmio; dall’altro, di spalmare sul tempo l’investimento in modo da cogliere più trend favorevoli.
L’ideale sarebbe decidere di investire quando il prezzo di ingresso dello strumento individuato è ai minimi; ma poiché nessuno, nemmeno il più attrezzato dei professionisti, ha la sfera di cristallo, la soluzione è attivare gli acquisti in momenti diversi: il prezzo medio che ne uscirà sarà certamente la migliore delle scelte possibili. E i piani di accumulo sono il mezzo più sicuro per raggiungere tale scopo.
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Il Messaggero