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Luigi Gubitosi, amministratore delegato di Tim, ha evidenziato come in Italia ci siano milioni di persone che non usano internet o lo usano poco, e che questo vale anche per le imprese e la pubblica amministrazione. «Con la connettività siamo in media con l'Europa. Siamo all'ultimo posto per il capitale umano: milioni di persone usano poco internet. Ci sono tante macchine e autostrade ma non abbiamo la patente», ha detto Gubitosi. «Siamo in ritardo», ha continuato il manager affermando che è estremamente importante riportare l'Italia alla media degli altri paesi europei e per fare questo, ha aggiunto, serve molta formazione. Secondo Gubitosi serve in particolare un «progetto di lungo periodo che parta dalle scuole».
Il punto è che mentre il dibattito del Paese è concentrato sul lancio della società della rete destinata ad accelerare gli investimenti per portare la fibra in tutto il Paese, rimane «la formazione il tema cruciale su cui puntare nei prossimi anni», ha fatto notare Gubitosi. Il nostro Paese è intatti ancora il fanalino di coda in Europa per l’utilizzo di internet. «Ma accelerare gli investimenti in formazione», sarà fondamentale. Il tema è molto cartrio a Tim: «Con il progetto ”Risorgimento digitale” abbiamo portato formazione digitale in giro con i canmper per residenze per anziani o strutture simili. Ma ora con il distanziamento sociale è più difficile portarlo avanti». Ma «anche Confindustria ha ben presente l’importanza di sensibilizzaere anche le aziende su questo fronte».
Il lockdown ha accelerato il processo di digitalizzazione, ma ora «vanno spinti gli investimenti».
E il ruolo del governo? «La presentazione degli Stati Generali ha messo in tema in prima fila. Il Recovery Fund potrà essere un’occasione cruciale», ha sottolineato Gubitosi, ma «certamente serve un progetto di lungo periodo che parta dalle scuole». Anche «nelle università, tutte le università, vanno pensati dei corsi digitali». Il rischio per l'Italia? «Mentre nel resto del mondo si parla dtui cloud, uso dei dati e intelligenza digitale, noi rimaniamo indietro a parlare di infrastrutture, che dovrebbero essere scontate».«Non è solo un problema di hardware, ma di software, di comportamenti digitali». E si crea anche «forza lavoro più flessibile». Ma a che punto è digital divide nel Paese? «Tim conta di chiuderlo nelle Regioni entro il 2021». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero