Mattarella e i giganti del web, altolà sulle regole: «Non siano fuori dalla legge»

Standing ovation della platea per il Capo dello Stato: «Le paure non vanno cavalcate». Il messaggio: «No al protezionismo e al dirigismo. Ora serve un New Deal»

Sergio Mattarella per la prima volta ha accettato l’invito di Confindustria a intervenire dal palco all’assemblea generale degli industriali. Questa novità si...

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Sergio Mattarella per la prima volta ha accettato l’invito di Confindustria a intervenire dal palco all’assemblea generale degli industriali. Questa novità si deve anche a un’occasione eccezionale: ieri ricorreva la Giornata internazionale della democrazia e quest’anno si celebra il 75esimo anniversario della Costituzione italiana. E così, tra applausi e standing ovation nella platea dell’auditorium, il Capo dello Stato non si è limitato a un saluto ma ha analizzato ad ampio raggio le questioni cruciali dell’Italia contemporanea. Rivolgendo un messaggio forte ai giovani e al mondo del lavoro.

 

«La democrazia si incarna nei mille luoghi di lavoro e studio, nella riflessione dei corpi intermedi della Repubblica e nel riconoscimento dei diritti sociali così come nella libertà d’intraprendere dei cittadini. Prima di ogni altro fattore, a muovere il progresso è, infatti, il capitale sociale di cui un Paese dispone. Un capitale che non possiamo impoverire. È una responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese: troppi giovani cercano lavoro all’estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili».
Nel suo sguardo sulla società, il presidente della Repubblica di sofferma su un aspetto fondamentale, e qui emerge tutta l’impostazione culturale mattarelliana in favore dell’economia sociale di mercato: «Qual è un principio fondamentale della democrazia? Evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti. Vale per le istituzioni. Vale per le imprese, a proposito delle quali possiamo parlare di concorrenza all’interno di un mercato libero. E la lotta ai monopoli ne rappresenta un capitolo importante». E qui, c’è un riferimento critico a certe multinazionali che imperversano, ai colossi del web che giocano in maniera padronale e creano qualche attrito anche con il governo italiano. «Vanno rifiutate - puntualizza il presidente - spinte di ingiustificate egemonie delle istituzioni nella gestione delle regole o, all’opposto, di pseudo-assolutismo imprenditoriale, magari veicolato dai nuovi giganti degli “over the top” che si pretendono, spesso, “legibus soluti”». Regole nella libertà dio mercato: ecco il mattarellismo ed ecco la sua critica liberale a chi vuole intestarsi posizioni dominanti non rispettose della concorrenza. Altro messaggio: «No al dirigismo e al protezionismo tipico delle esperienze autoritarie».

 

 

Il Capo dello Stato spinge anche per una politica che non sia inchiodata al presentismo e all’immediato incasso elettorale. E ragiona così: «Non bisogna cedere alla tentazione di cavalcare le paure. Se c’è qualcosa che una democrazia non può permettersi è di ispirare i propri comportamenti, quelli delle autorità, quelli dei cittadini, a sentimenti puramente congiunturali. Con il prevalere di inerzia: ovvero di impulsi, di ansia, di paura». «Due i «possibili errori» evidenziati da Mattarella: «Una reazione fatta di ripetizione ossessiva di argomenti» secondo cui «a fronte delle sfide che la vita ci presenta, basta denunziarle senza adeguata e coraggiosa ricerca di soluzioni». E poi, «ancora peggio»: «Il cedere alle paure, quando non alla tentazione cinica di cavalcarle». 
Mattarella a tratti è sferzante. Non ce l’ha con il governo, fa un discorso che vale un po’ per tutti le classi dirigenti anche non italiane: alle quali si raccomanda di agire in prospettiva e per l’interesse generale. Fa due citazioni il presidente. Luigi Einaudi nel 1947 diceva: «È necessario che gli italiani non credano di dover la salvezza a nessun altro fuorché a se stessi». 

 

DA EINAUDI AGLI STATES

La seconda citazione riguarda Franklin Delano Roosevelt che avvertiva: «La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa, l’irragionevole ingiustificato terrore senza nome che paralizza gli sforzi necessari a convertire la ritirata in progresso». Si era nell’ambito della Grande depressione economica del 1929 «e si fu capaci - spiega Mattarella – di passare al New Deal, al “nuovo patto” che vide gli Stati Uniti affrontare i drammatici problemi economici e occupazionali che li avevano devastati, assumendo la leadership del mondo libero». Ecco, un nuovo grande patto sociale per la crescita auspica il presidente.


La ricetta mattarelliana è quella di un presidente che sente che il Paese può e deve farcela, anche se la congiuntura generale non è delle migliori. La platea confindustriale è più che soddisfatta, per un discorso che i più hanno considerato denso e per nulla formale, e che anche Meloni, uscendo dalla sala, mostrava di aver apprezzato assai. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero