Ci vuole passione, più che senso del dovere per fare i futuri manager delle aziende familiari. Ma anche molta curiosità. E la consapevolezza di scrivere una pagina...
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Tutto questo, insieme al senso della trasformazione in atto e della leadership imprenditoriale necessaria per raccogliere la sfida del tempo, tra rivoluzione digitale e scenari geopolitici, è stato al centro del corso di «Family business management» della Business School della Luiss ideato e diretto da Fabio Corsico, che ha celebrato nella cornice di Villa Blanc la prima “graduation” per i 23 partecipanti. E c’è anche il discendente di una famiglia di imprenditori da cinque generazioni, eredi di case di moda, rampolli di industrie alimentari e di arredamento tra quanti da febbraio a luglio hanno sentito parlare di soluzioni strategiche ad hoc per assicurare un equilibrio tra la corretta gestione e gli obiettivi degli azionisti. «La prima esperienza ha funzionato e l’anno prossimo il corso sarà ulteriormente arricchito», annuncia Corsico, che anticipa anche l’inserimento di due “moduli” a Parigi. A sottolineare l’importanza di certi ingredienti nel corso della cerimonia di chiusura Gian Maria Gros-Pietro, presidente del cda di Intesa Sanpaolo e dell’Advisory board del progetto “Family Business management” della Business School, e Lorenzo Pellicioli, ad di De Agostini e presidente di DeA Capital. I vantaggi di un’impresa familiare? «La famiglia è un punto di forza anche nella tempesta», ha risposto Gros-Pietro intervistato da Corsico nel corso della tavola rotonda. «In questo caso tutti cercano di salvare la nave, mentre lì dove non c’è la famiglia generalmente tutti si chiedono se sono sulla nave giusta e si guardano intorno». Ma c’è anche di più per Pellicioli: «Avere un azionariato stabile è un grande vantaggio e in genere si trova proprio in questo tipo di aziende». Si tratta di un «patrimonio» d’oro per l’Italia. «I nostri padri e i nostri nonni ci hanno insegnato che nei momenti difficili la famiglia si compatta e c’è. È tutta la famiglia al servizio dell’impresa e non l’impresa al servizio della famiglia. Altro che capitalismo amorale», dice da parte sua il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ricorda anche il ruolo dell’Italia «che resta la seconda manifattura d’Europa e conquista nuove posizioni nell’export».
Con questo corso «si costruisce un ceto dirigente», aggiunge, «questo presente serve a costruire il futuro».
Il Messaggero