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C’è chi (come le associazioni dei consumatori) stima stangate di migliaia e migliaia di euro per la famiglia media, e c’è chi (come le associazioni dei produttori) si “ferma” a poco più di cinquecento euro. Di certo il rialzare la testa ai livelli attuali del “mostro inflazione” fa danni a tutti. Al semplice cittadino, che deve fare i conti con i prezzi impazziti. Ma anche alle imprese, soprattutto nelle situazioni come quella che stiamo vivendo in cui i rincari sono dovuti sopratutto all’energia e alle materie prime. E così anche i soliti furbetti - come alcuni commercianti lesti a ritoccare i listini - stavolta hanno poco da gioire. C’è poco da girarci attorno: un’inflazione galoppante ai ritmi attuali (l’Istat ha certificato +7,9% a luglio) non fa bene a nessuno. Il rischio è che tutto si fermi e il sistema economico entri in recessione.
Le categorie protette: i pensionati
Il governo Draghi ha messo in campo tutta una serie di norme per aiutare le famiglie più in difficoltà, a cominciare dagli sconti in bolletta, che però non annullano del tutto gli effetti del carovita. I più protetti saranno i pensionati per i quali da quest’anno è tornato il meccanismo di adeguamento automatico al costo della vita. Un meccanismo comunque che ha due limiti: scatta l’anno successivo agli aumenti; il recupero è al cento per cento solo per i pensionati che ricevono un assegno mensile fino a 4 volte l’assegno sociale (circa 2 mila euro), per gli altri il recupero sarà parziale in base a precisi scaglioni (i pensionati che ricevono tra 4 e 5 volte l’assegno avranno il 90% di aumento rispetto all’inflazione; i pensionati che ricevono più di 5 volte l’assegno sociale avranno il 75% di aumento rispetto all’inflazione).
I dipendenti
Chi rischia di subìre più danni di tutti è il lavoratore dipendente, che con il suo stipendio fisso e sempre uguale deve fare esercizi di equilibrismo per mantenere lo stesso tenore di vita.
Le imprese
I produttori sono i primi a rimetterci, soprattutto quando il rialzo dell’inflazione, come ora, dipende dai fattori energetici e dalle materie prime. Le bollette alle stelle fanno esplodere i costi di produzione, ma in genere non si riesce a trasferire i rincari in automatico e subito sui listini. In un primo tempo quindi l’effetto inflazione si sentirà sui profitti.
I tassi
Per combattere il mostro inflazione l’arma più efficace è in mano alle banche centrali: aumentare il costo del denaro, così da spingere il sistema a spendere in modo più oculato. L’aumento dei tassi di interesse è ovviamente un danno per chi ha preso soldi a prestito a tassi variabili: le aziende per i loro investimenti, i cittadini per acquistare merce o immobili. E' un danno anche per le casse del Tesoro che dovrà pagare tassi di interesse più alti sui propri titoli di Stato.
L'inflazione buona
L’inflazione non è sempre cattiva. Anzi. Per far sviluppare e crescere un sistema economico serve un tasso di inflazione intorno al 2%. Stare sotto quel livello significa che il sistema arranca, le fabbriche riducono la produzione perché c’è poca richiesta dei loro prodotti, e il lavoro si distrugge. Un’inflazione a un livello troppo basso, con prezzi fermi o addirittura in calo, solo apparentemente è un beneficio per i conti delle famiglie, in realtà è sintomo delle difficoltà di un sistema economico che viaggia all’indietro. Il calo dei prezzi infatti innesca un circolo vizioso che è un danno per il sistema economico: molte aziende non ce la fanno a stare sul mercato e chiudono; così si perdono posti di lavoro, il reddito delle famiglie diminuisce e si consuma di meno; per riuscire a vendere le aziende sopravvissute abbassano ancora di più i prezzi, sono costrette a tagliare i costi (anche quello del lavoro) e il circolo continua, mentre il Paese si impoverisce sempre più. Quando un’economia è florida invece la gente spende, le aziende assumono, i giovani trovano lavoro.
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